Giovani e adolescenti sbeffeggiati a causa del proprio aspetto fisico, autentiche manifestazioni persecutorie accompagnate da commenti sgradevoli nei profili social, video girati di nascosto e pubblicati in rete per deridere le vittime, senza ovviamente il relativo consenso.
Questi episodi sono purtroppo diventati quotidiani, e costituiscono quel fenomeno che viene comunemente chiamato cyberbullismo.
Il cyberbullismo, ovvero il bullismo perpetrato in rete, rappresenta a tutti gli effetti un’emergenza sociale, e dati recenti confermano la sua incidenza negli ultimi anni, mostrando come il 34% degli atti di bullismo avvenga online.
Da una ricerca europea svolta nell’ambito dell’Europe Anti-Bullying Project e svolta in Italia da Telefono Azzurro prendendo in esame un campione rappresentativo a livello nazionale composto da studenti di diverse scuole secondarie di I e II grado, è emerso che il 15,9% dei ragazzi italiani è (o è stato) vittima di bullismo online o offline almeno una volta.
E se questo non fosse sufficiente, una recente indagine condotta da Telefono Azzurro e Doxa Kids su un campione di 600 giovani tra i 12 e i 18 anni, ha rilevato che quasi 1 ragazzo su 10, pari all’8% degli intervistati, ha diffuso informazioni o video diffamatori nei confronti di un coetaneo.
Ancora una volta, circa 1 ragazzo su 6 pari al 21% sul campione preso in esame, ha inoltre dichiarato di essere stato vittima di bullismo, e 1 su 10, pari 12% degli intervistati, di identificare internet come il contesto in cui avvengono tali violenze con maggiore assiduità.
Tuttavia, nonostante lo scenario piuttosto allarmante, il reale impatto del cyberbullismo sulla vita di giovani e adolescenti continua ad essere troppo spesso sottovalutato.
Cyberbullismo definizione
Il termine cyberbullismo è un neologismo coniato per identificare forme di “bullismo virtuale”, compiuto cioè attraverso la rete internet.
Tale espressione ha recentemente trovato spazio anche in ambito giuridico grazie a una definizione fornita dalla L.71/2017, secondo la quale per cyberbullismo si intende “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.
Una definizione estremamente ampia e accurata, ma necessaria per comprendere tutte le modalità attraverso le quali possono verificarsi manifestazioni vessatorie perpetrate sul web, le stesse che variano in funzione di nuove opportunità di interazione comportate da un’inevitabile evoluzione tecnologica.
In cosa differisce il cyberbullismo rispetto al bullismo tradizionale
A differenziare bullismo e cyberbullismo è dunque l’assenza di una componente fisica e diretta che, seppure tale forma di violenza presenti forme e contesti differenti, definisce gran parte dei classici episodi di bullismo.
Ad una “relazione” entro la quale bullo e vittima si conoscono personalmente, risiedono nella stessa città e frequentano i medesimi ambienti, le nuove forme di cyberbullismo sostituiscono una nuova dimensione virtuale, in cui coloro che interagiscono possono essere anche perfetti sconosciuti, che nulla conoscono gli uni degli altri, fatto salvo i rispettivi nickname e foto profilo.
Tra le principali conseguenze di tale contesto compare di conseguenza la perdita di qualsivoglia limitazione legata allo spazio e al tempo.
Se gli episodi di bullismo permangono dunque correlati a quelle che possono essere occasioni di contatto di cui bullo e vittima possono disporre nell’ambito di un contesto comune, le potenzialità dei moderni strumenti di comunicazione permettono che le condotte aggressive determinate dal cyberbullismo possano invece manifestarsi in qualsiasi momento, a prescindere dalla distanza geografica che intercorre tra i soggetti coinvolti, rendendo di conseguenza ancora più difficile per la vittima sottrarsi da tali manifestazioni vessatorie, di cui diviene suo malgrado protagonista.
Gli stessi strumenti informatici, quali computer e smartphone, contribuiscono al contempo ad alimentare una particolare disinvoltura nel relativo utilizzo, spesso per quanto concerne giovani e giovanissimi.
La facilità con cui ad oggi gli adolescenti hanno l’opportunità di accedere a social media, servizi e piattaforme online, unitamente alla scarsa percezione di quelli che possono essere fattori di rischio e relative conseguenze anche gravi dagli stessi derivate, possono spingere inevitabilmente all’adozione di comportamenti che nella vita reale non sarebbero in alcun modo assunti.
Questo proprio a causa di dinamiche di controllo e disapprovazione operanti all’interno dell’ambiente scolastico, familiare, sportivo e sociale in generale, che rappresentano generalmente un forte “deterrente”.
La pericolosità del fenomeno del cyberbullismo, tuttavia, tende a manifestarsi anche sotto un altro importante aspetto.
A causa della natura virtuale propria della rete internet, tutti i contenuti che vengono pubblicati e caricati su web finiscono per sfuggire al controllo di chi li ha condivisi, scatenando un’opportunità di divulgazione di dati personali, informazioni e materiali su scala globale, con conseguente notevole difficoltà nel procedere successivamente alla relativa rimozione, anche per le stesse autorità preposte al controllo, come la Polizia Postale.
È facile dunque comprendere, a fronte di quanto illustrato, come il cyberbullismo non rappresenti banalmente la trasposizione online di condotte persecutorie proprie della realtà, ma caratterizzi invece un fenomeno ben distinto e per questo degno di attenzione, in virtù delle potenzialità lesive e vessatorie che lo costituiscono, e che possono restituire problematiche personali ben più gravi e potenzialmente letali.
Cyberbullismo conseguenze
Le conseguenze del cyberbullismo a livello fisico e psicologico sono facilmente intuibili: si spazia, dalla vergogna e dall’imbarazzo all’isolamento sociale da parte della vittima, senza tralasciare eventuali manifestazioni depressive, attacchi di panico, autolesionismo o, in casi estremi, i tentativi di suicidio.
Secondo quanto stimato da Telefono azzurro, il cyberbullismo sarebbe dunque ancora più devastante del bullismo tradizionale, questo poiché in ambito virtuale gli atti di bullismo, concretizzati mediante commenti, video e immagini, non possono essere eliminati con facilità, avendo raggiunto una diffusione “virale” pressoché incontrollabile.
Il cyberbullismo genera pertanto ferite inguaribili, dato che tale fenomeno tende ad autoalimentarsi, divenendo per la stessa vittima impossibile da controllare e arginare.
Può iniziare come una sorta di gioco per poi degenerare, provocando differenti tipologie di vittime e rappresentando in tal modo una vera e propria piaga sociale, questo poiché per l’adolescente è spesso difficile rendersi conto di quale sia il confine tra un semplice scherzo, la violazione della privacy e una molestia a tutti gli effetti.
Diviene dunque fondamentale che scuola e famiglia si occupino di educare i giovani a un uso consapevole della rete internet e dei mezzi di comunicazione digitale, informando preventivamente su quelli che possono esserne i rischi e le minacce.
Cyberbullismo: come la scuola può intervenire efficacemente
Se di fatto giovani e adolescenti utilizzano social media e smartphone prevalentemente al di fuori dall’orario scolastico, l’istituto può e deve comunque intervenire, facendo informazione e soprattutto prevenzione contro il cyberbullismo, in modo tale da ridurre le opportunità di malessere comportate dalle conseguenze di tale “piaga”.
La scuola è da ritenersi al pari di una struttura in grado di curare l’aspetto della crescita, dell’educazione e della cultura e, nella stessa, i docenti presentano una duplice valenza.
In primo luogo devono fornire aiuto ai giovani che presentano difficoltà nell’approccio con la rete internet, intervenendo attivamente su coloro che utilizzano il web in maniera inadeguata.
In secondo luogo, hanno il compito di sensibilizzare e informare adolescenti e genitori su quelli che possono essere i rischi dati dall’adozione di atteggiamenti negativi in ambito virtuale, gli stessi che provocano disagio, umiliazione e dolore psicologico.
È opportuno quindi riuscire a far comprendere ai ragazzi che quelli che apparentemente possono sembrare semplici scherzi in realtà sono tutt’altro.
Spesso i compagni di classe della vittima, pur essendo consapevoli degli atti di cyberbullismo, per una serie di svariate motivazioni, quali la paura di ritorsioni, la pigrizia, il divertimento, o peggio ancora una certa leggerezza rivolta alle possibili conseguenze, tendono ad assumere un atteggiamento silente o omertoso.
Le stesse vittime di cyberbullismo possono, quantomeno inizialmente, sottovalutare le conseguenze di ciò che accade, e questo finisce per promuovere un comportamento “normalizzato”, riducendo la percezione della gravità di un atto quale il cyberbullismo.
Compito degli insegnanti è quello di incarnare la figura di “punto di riferimento” per i giovanissimi e gli adolescenti: gli studenti dovrebbero infatti rivolgersi ai docenti con fiducia per ricevere consigli o richiedere un aiuto in presenza di problematiche legate al web, che possono lasciare un segno indelebile nella loro esistenza.
Capita spesso, infatti, che gli stessi giovani evitino di chiedere supporto alla famiglia per vergogna, paura o timore di essere privati di smartphone e PC.
È dunque evidente come la figura dell’insegnante, consapevole del fenomeno del cyberbullismo, debba essere ben messa in evidenza, affinché gli studenti sappiano di poter contare sempre su un aiuto concreto in caso di necessità.
Il docente dovrà essere pertanto in grado di far comprendere che alcuni atteggiamenti adottati in rete possono rivelarsi lesivi e persecutori, comportando reati perseguibili secondo la legge, proprio perché sul web è spesso difficile valutare con chiarezza e consapevolezza cosa sia giusto e cosa no.