Negli spazi virtuali è possibile ottenere un’infinita varietà di servizi senza pagare nulla.
Si può interloquire con il mondo esterno, condividere contenuti interessanti, o vedere quelli degli altri a un costo pari a zero.
Costo economico, è chiaro, perché un prezzo per accedere ai servizi online c’è eccome, anche se non lo si misura con il denaro.
Ma quanti di noi hanno la consapevolezza di accedere a una piattaforma e di ottenere da questa un servizio?
Quanti sanno che ciò ha un costo, e che il costo sono dati personali come nome, cognome, data di nascita e indirizzo email?
Le condizioni d’uso che nessuno conosce
Accedere alle informazioni implica dare in cambio i propri dati.
Dati che vengono presi, trattati in modi diversi, e quasi sempre ceduti a terzi, i quali a loro volta ne faranno oggetto di ulteriori trattamenti.
Ribadire questo concetto è fondamentale, perché c’è scarsa consapevolezza, soprattutto da parte dei ragazzi, riguardo al pericolo di una diffusione indiscriminata delle informazioni in rete.
I più giovani (ma non solo) raramente leggono i termini e le condizioni d’uso dei vari fornitori di servizi web, e quindi molto spesso cadono in trappola, cedendo indirettamente dati personali a terzi.
Questi termini forniti dalle varie piattaforme dovrebbero essere chiari, intelligibili, inequivocabili e facilmente comprensibili.
Non sempre tuttavia lo sono, a discapito di chi ogni giorno utilizza internet per studiare, lavorare, o semplicemente divertirsi.
Fondamentale è dunque prestare molta attenzione, e acquisire sempre maggiore consapevolezza dell’importanza di tutelare sia la propria privacy che quella altrui.
Il valore della persona-dato e della persona fisica
Il primo passo perché vi sia più attenzione per la privacy è diffondere un approccio positivo, di modo che ognuno diventi difensore di sé stesso e dei propri dati.
La persona-dato e la persona fisica hanno la stessa importanza e la stessa necessità di tutela.
Così come si cerca di difendere la persona fisica dagli attacchi esterni – per esempio, attraversando la strada sulle strisce pedonali, o con il semaforo verde – allo stesso modo bisogna prestare attenzione a dove si acconsente che vada a finire il proprio “io digitale”, che ha bisogno anch’esso di protezione.
E chi è il primo a proteggere i dati personali?
L’utente che naviga in rete, non il Garante, lo Stato o le leggi.
La privacy è un argomento noioso?
Il GDPR e la privacy di solito suscitano nei bambini e negli adolescenti fondamentalmente tre reazioni:
1 / Noia
Basta dire “privacy” per vedere occhi perdersi nel vuoto e teste annuire per dare all’interlocutore solo la percezione di aver seguito il filo del discorso.
2 / Rabbia
Rabbia per le chiamate dei call center, che continuano ad arrivare in spregio alla privacy, nonostante il fatto che magari il proprio numero di telefono è stato registrato presso il registro pubblico delle opposizioni (RPO).
3 / Paura
Poi c’è chi ha paura, chi va in ansia perché non sa bene come muoversi e cosa deve fare per essere in regola. Vorrebbe adeguarsi ma non riesce a mettere in fila le cose, e quindi si chiude a riccio e va nel panico.
Queste sono le tre reazioni tipiche che vanno in qualche modo superate, a partire da un diverso approccio al tema privacy.
Comunicare la privacy in modo efficace
Il fattore comunicazione è fondamentale.
Oggi, rispetto al passato, abbiamo un’enorme quantità di mezzi per comunicare.
I tempi sono cambiati, e vanno sfruttati gli approcci attualmente disponibili, soprattutto quando ci si rivolge alle nuove generazioni.
E allora come comunicare con i minori?
Ogni messaggio veicolato va adeguato al mezzo e al pubblico.
E se il pubblico è sempre più abituato al linguaggio del web, alle immagini, ai video, perché non usare questi mezzi?
È arrivato il momento di iniziare a parlare anche con chi usa applicazioni, smartphone e social in maniera massiccia, ossia i minori, che sono anche gli adulti di domani.
I minori non possono essere coinvolti con un’informativa di 18 pagine.
Servono metodi diversi, nuove strade per comunicare con loro, e di esempi virtuosi ce ne sono parecchi.
Parlare di GDPR e privacy: esempi virtuosi
Un’attenzione consapevole sul trattamento dei dati può essere veicolata scegliendo forme di comunicazione non convenzionali, come ad esempio musica, video e fumetti.
AVM S.p.A, Azienda Veneziana della Mobilità, ha realizzato il videoclip “PRIVA C” che, con simpatia e precisione, sensibilizza gli utenti sul tema della privacy, trattando anche la diffusione dei dati, i rischi, il consenso e i diritti dell’interessato.
Non solo. Sul sito dell’azienda è disponibile anche un’informativa privacy in veneziano e a fumetti, geniale e efficacissima!
Chiaramente si tratta solo di un esempio a cui ispirarsi, perché un documento del genere può essere compreso solo da un pubblico ristretto.
Quindi, come abbiamo visto, comunicare la privacy in modo incisivo si può – e anzi, si deve -, tenendo sempre presenti gli obiettivi e il target da raggiungere.
Ma vediamo ora un altro paio di esempi che ci aiutano a capire come si può rendere interessante il tema protezione dati.
Per parlare di privacy in maniera efficace, già da qualche tempo il Garante ha avviato la fortunata iniziativa “Finalmente un po’ di privacy”.
Si tratta di una campagna di comunicazione istituzionale (tuttora in corso), finanziata dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, e finalizzata a promuovere i temi della protezione dei dati e dell’educazione digitale.
Il tutto tramite una narrazione in cui l’Autorità – impersonata da un attore – interviene in aiuto delle persone che vedono insidiata la propria privacy in diverse situazioni, spesso direttamente riferibili al mondo dei giovani (come ad esempio il cyberbullismo o il revenge porn), rinviando a ulteriori approfondimenti sul sito per approfondire ogni singolo tema.
Da ultimo, è bene ricordare che, in ottemperanza al principio di trasparenza, lo stesso GDPR, al suo considerando 58, impone che le informazioni destinate al pubblico o all’interessato debbano essere concise, facilmente accessibili e di facile comprensione.
In particolare, quando il trattamento dei dati riguarda soggetti minori, qualsiasi informazione e comunicazione a loro diretta va effettuata tramite un linguaggio semplice e chiaro.
Proprio per raggiungere questo obiettivo, nel marzo 2021 il Garante ha indetto il contest “Informative chiare”, un concorso di idee aperto a tutti, e finalizzato a individuare e proporre un set di simboli o icone capaci di esemplificare gli elementi che, ai sensi degli articoli 13 e 14 GDPR, devono essere contenuti in un’informativa.
Le proposte risultate vincitrici sono attualmente caricate sul sito dell’Autorità e utilizzabili da chiunque, secondo i termini della licenza CC by 4.0.