I social network spesso appaiono come una giungla particolarmente pericolosa per bambini e ragazzi.
I rischi derivanti dall’uso indiscriminato di queste piattaforme sono dietro l’angolo, e includono fenomeni quali ad esempio cyberbullismo, body shaming e revenge porn.
Ma esiste un’età minima a partire dalla quale i più giovani possono aprire un proprio account social?
Ebbene, la risposta è sì.
Secondo l’art. 8 del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR), per creare un account l’età minima richiesta è di almeno 16 anni, fatta salva per i singoli Stati membri la possibilità di stabilire per legge un’età più bassa, purché non inferiore ai 13.
In tal senso, in Italia, secondo l’art. 2-quinquies del Codice Privacy (D.lgs. n. 196/2003, modificato dal D.lgs. n. 101/2018), l’età minima per iscriversi ai social è di 14 anni, con tolleranza da parte dei gestori delle piattaforme di utenti anche di età inferiore, purché vi sia il consenso prestato da chi esercita la responsabilità genitoriale.
Minori sui social: due studi rivelano la realtà dei fatti
La maggior parte delle piattaforme ha delle regole che, almeno formalmente, vietano l’iscrizione a chi ha meno di 13 anni.
L’age verification non sembra però un sistema di regolamentazione troppo complicato da aggirare.
Due diversi studi, quello dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, e quello dell’agenzia Heaven, confermano infatti la presenza massiva degli under 13 sui social nonostante i divieti, e tratteggiano un rapporto (quello tra preadolescenti/adolescenti e ambienti digitali) multisfaccettato e complesso sotto diversi punti di vista.
Lo studio francese
La prima evidenza che viene fuori da #BornSocial 2022, lo studio condotto da Heaven, agenzia pubblicitaria francese, in collaborazione con Génération Numérique, associazione approvata dal Ministero dell’Istruzione, è che si è progressivamente abbassata nel tempo l’età in cui si riceve il primo smartphone.
In Francia, l’83% di chi ha tra gli 11 e i 12 anni ha già un telefonino in uso esclusivo.
La percentuale sale all’89% tra chi ha più di 12 anni, ma c’è anche un 10% di bambini che racconta di aver ricevuto lo smartphone a 9 anni.
A spingere i genitori a dotare i figli di un dispositivo multimediale di ultima generazione sembrerebbe essere la possibilità di controllarli in tempo reale.
Più di un partecipante su due allo studio di Heaven dice infatti di aver attivato sul proprio smartphone sistemi di geolocalizzazione collegati ai device dei genitori.
Tuttavia, con la “scusa” di rassicurarli grazie alla condivisione in tempo reale della posizione, i più piccoli spesso usano lo smartphone come non dovrebbero.
Lo studio italiano
In Italia gli under 14 che usano i social sarebbero, secondo i dati dell’indagine svolta dall’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, almeno l’88%.
Praticamente, dunque, ogni tredicenne è già presente sui social con un proprio profilo.
D’altra parte, le Big Tech non hanno alcun interesse a disincentivare l’uso dei loro servizi, dal momento che prima si iscrivono, più gli utenti sono fidelizzati.
La prova che anche gli under 14 iscritti indebitamente sui social ne hanno già assimilato le dinamiche sembra venire dal dato secondo cui solo 6 minori su 10 hanno un profilo privato e con restrizioni della privacy attive.
Come ha spiegato il coordinatore della ricerca Simone Digennaro, “La condivisione di contenuti privati su piattaforme visibili in tutto il mondo, senza il diretto controllo e la supervisione degli adulti, espone il minore a rischi enormi, quali ad esempio il cyberbullismo, l’adescamento online e, più in generale, le violazioni della privacy”.
La proposta del governo francese
In Francia i dati sull’accesso ai social network da parte dei minori hanno generato allarme e preoccupazione.
Per questo il governo ha deciso di intervenire con una proposta che riguarda il controllo dell’età degli utenti.
A presentarla è stato l’ex sindaco di Ajaccio, Laurent Marcangeli, membro del gruppo di centrodestra Horizons, che nelle ultime elezioni ha sostenuto Emmanuel Macron.
La proposta di legge – passata in prima lettura all’Asemblée Nationale, approvata con modifiche dal Senato, e in attesa di approvazione definitiva – fissa a 15 anni il nuovo limite per l’utilizzo di qualsiasi piattaforma che risponda alla definizione di “social network”.
Dunque, nessuna iscrizione e accesso a un social fino ai 15 anni, che sia TikTok, Facebook, Instagram, Twitter o altro.
Le ragioni della proposta
Perché la proposta francese fissa il limite a 15 anni?
È lo stesso Marcangeli a spiegarlo, dicendo che i 13 anni che vengono fissati dalla maggior parte dei gestori dei social network non corrispondono a un’età legale in Francia.
Nel paese d’oltralpe, invece, i 15 anni coincidono con l’età del consenso in ambito sessuale.
Secondo l’ex sindaco della capitale corsa questa soglia avrebbe due obiettivi: in primo luogo preservare la salute mentale dei minori, evitando un’esposizione ai social network in età troppo giovane, e poi ridurre i fenomeni di cyberbullismo tra i ragazzi.
Più nel dettaglio, la proposta francese chiede che siano le piattaforme a verificare, usando le tecniche certificate dall’Autorità di regolamentazione della comunicazione audiovisiva (l’ARCOM), i dati anagrafici degli utenti.
Con questa legge, per accedere ai social i minorenni avrebbero così bisogno dell’autorizzazione formale da parte dei genitori.
Tale autorizzazione andrebbe poi verificata dalle singole piattaforme, che, come abbiamo detto, dovrebbero anche occuparsi di controllare i dati anagrafici dei nuovi iscritti.
Al momento invece la maggior parte dei social delega la conferma dell’età a un’autoverifica da parte degli utenti.
Il parere dell’AGIA
La proposta francese potrebbe essere imitata da altri Paesi, e mettere in discussione il sistema europeo dei limiti di età per i giovani utenti delle piattaforme social.
In Italia, secondo l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (AGIA) Carla Garlatti, bisognerebbe seguire l’esempio della Francia (anche se l’innalzamento dell’età proposto dall’AGIA non è a 15 anni, bensì a 16).
Tuttavia, modificare il limite minimo per l’accesso ai social non basta, dato che questo può essere facilmente aggirato.
Perciò, al termine di un tavolo di lavoro coordinato dal Ministero della giustizia, insieme ad AGCOM e Garante privacy, l’AGIA ha proposto di introdurre anche una sorta di SPID.
Si tratta in pratica di istituire un nuovo sistema per la verifica dell’età dei minori che accedono ai servizi digitali, basato sulla certificazione dell’identità da parte di terzi, così da mantenere pienamente tutelato il diritto alla privacy.
Responsabilizzare i provider e introdurre regole più severe per l’accesso ai social network sono quindi iniziative che, nel tentativo di garantire una maggiore sicurezza dei minori online, sembrano andare nella giusta direzione.