Nella società odierna, i giovani tendono sempre di più a vivere distaccati dal mondo reale e a rifugiarsi in quello virtuale.

Ciò dipende da una diffusa difficoltà di ragazzi e ragazze a costruire relazioni, sia con i coetanei che con gli adulti.

Nei casi più gravi, quando nascondersi dietro un PC o uno smartphone ha come obiettivo vendicarsi di qualcuno per denigrarlo pubblicamente, ricattarlo, bullizzarlo o molestarlo, parliamo di cyberbullismo.

Il revenge porn, ossia la diffusione non autorizzata di materiale pornografico in rete, è una grave forma di cyberbullismo che costituisce un reato, e può implicare tra le altre cose la pubblicazione online di informazioni e dati personali (nome, cognome, numero di cellulare e link ai profili social) che rendono semplice individuare la vittima.

Per le persone coinvolte, soprattutto se si tratta di minori, gli effetti psicologici e sociali sono spesso drammatici.

La pornografia online non consensuale espone gli adolescenti a “online shaming” e ad altre forme di vittimizzazione secondaria, che rischiano di incidere pesantemente sul benessere psicologico ed emotivo dei minori e sulla loro vita privata.

I provvedimenti del Garante per contrastare il revenge porn

Lo scorso anno il Garante della privacy ha imposto a Facebook, Instagram e Google di adottare le misure necessarie a impedire la diffusione sulle rispettive piattaforme di materiale (foto e video) segnalato da potenziali vittime di revenge porn (provvedimenti n. 9775414, 9775327, 9775401, 9775948, 9775932).

Contro il revenge porn, inoltre, è nato dalla collaborazione tra il Garante e Facebook un canale di emergenza per le segnalazioni, il quale rientra tra i compiti attribuiti all’Autorità dalle modifiche normative introdotte al Codice privacy nel dicembre 2021.

Lo scopo è quello di aiutare chi teme possano essere diffuse online senza il proprio consenso foto o video intimi che lo vedono come protagonista.

Compito del Garante è quello di ricevere le segnalazioni, e di attivarsi in modo tempestivo per disporre il blocco preventivo nei confronti delle piattaforme indicate dal segnalante, di solito attraverso l’implementazione di specifiche tecnologie, come ad esempio i “codici hash”.

Le soluzioni del Garante e di Co.re.com per difendere i minori

Più recentemente, nel marzo 2023, il Garante, mostrando una particolare attenzione per la tutela dei minori vittime di revenge porn e di cyberbullismo, ha rafforzato la collaborazione con i Co.re.com (Comitati regionali per le comunicazioni) di alcune regioni (Campania, Calabria e Lombardia).

Gli accordi consentiranno forme di cooperazione, nell’ambito delle rispettive competenze, volte a valorizzare l’attività di tutela della privacy, in sinergia con le opportunità offerte dalla presenza dei Comitati sul territorio.

Nell’ambito della cooperazione, è prevista l’organizzazione di iniziative pubbliche che coinvolgano esperti, cittadini e istituzioni, attraverso ricerche, corsi, convegni e incontri sui temi della protezione dati, con particolare attenzione ai fenomeni più preoccupanti che riguardano i minori in rete.

Saranno anche predisposti vademecum divulgativi, linee guida, articoli e pubblicazioni.

I Co.re.com, inoltre, nell’ambito di corsi di educazione digitale tenuti nelle scuole delle regioni interessate, presenteranno un apposito modulo sul trattamento dei dati personali dei minori in rete.

I protocolli d’intesa tra l’Autorità per la privacy e i Co.re.com hanno una durata triennale, ma potranno essere prorogati per altri tre anni.

I dati dell’associazione Terre des Hommes

La complessità del fenomeno del revenge porn richiede un approccio sinergico da parte di autorità, piattaforme, associazioni e singoli individui.

Solo con una collaborazione su più livelli, gli “image based abuse” possono essere contrastati, riducendo in modo significativo il numero delle vittime, che ad oggi risulta spaventosamente alto.

Per tracciare un quadro sulla situazione nel nostro Paese, 3.405 ragazzi e ragazze di tutta Italia, tra i 14 e i 26 anni, hanno preso parte all’Osservatorio indifesa 2022-2023 realizzato dall’associazione non profit Terre des Hommes.

L’Osservatorio è uno strumento per ascoltare la voce dei giovani su violenze di genere, discriminazioni, bullismo, cyberbullismo e sexting, e per orientare le politiche delle istituzioni e della comunità educante italiana.

All’origine del revenge porn, bullismo e cyberbullismo

Bullismo e cyberbullismo sono due fenomeni sempre molto presenti tra i giovani.

Fra loro il 47,7% è vittima di bullismo o cyberbullismo, e il pretesto principale per il quale ragazzi e ragazze vengono attaccati è l’aspetto fisico (ce lo dice il 37% dei partecipanti).

Seguono, ma con ampio distacco, origine etnica (7%), orientamento sessuale (5%), condizione economica (3,5%), religione (3,3%), identità di genere (1,9%), disabilità (1,3%).

5 giovani su 10 hanno assistito a violenze fisiche, specie scherzi pesanti (38%) ed aggressioni (19%).

Tra le violenze psicologiche, invece, spiccano episodi di emarginazione ed esclusione (48%) e le umiliazioni pubbliche (38%).

Questo tipo di violenza tra pari genera perdita di autostima e di fiducia negli altri nel 38% dei rispondenti, oltre a isolamento e allontanamento dal resto dei coetanei (21%).

Il 21% nota un peggioramento del rendimento scolastico, o addirittura il rifiuto della scuola.

Il 19% tra ragazzi e ragazze dice di aver sofferto di ansia sociale e attacchi di panico, e tra gli effetti subiti dalle vittime di bullismo ci sono anche disturbi alimentari (12%), depressione (11%) e autolesionismo (8%).

I ragazzi non chiedono aiuto ai genitori

Solo il 5% dei ragazzi si rivolge a un adulto o a uno sportello se assiste a episodi di bullismo.

Il 14% non fa nulla, mentre la maggioranza (29,5%) cerca di dare un supporto diretto alla persona colpita e di non lasciarla sola.

D’altra parte, sia che ne siano vittime o meno, circa un terzo dei ragazzi e delle ragazze tende a non fare accenno agli episodi di bullismo e cyberbullismo.

Della restante frazione, il 24% ne parla con amici, il 21% con la mamma (mentre solo il 3% ne parlerebbe con il papà), il 6% con gli insegnanti, e l’1,42% con lo psicologo a scuola (nonostante i ragazzi chiedano a gran voce un supporto psicologico).

A tal proposito, per il 70% dei partecipanti al sondaggio la scuola non fa abbastanza per prevenire questi fenomeni.

Quasi 8 ragazzi su 10 hanno paura del web, e il cyberbullismo è la minaccia più temuta dagli adolescenti quando sono online.

Lo afferma il 23% tra loro, ma sono percepite come minacce anche il furto di identità (18%) e l’alienazione dalla vita reale (18%).

Il 55% tra i ragazzi dice inoltre che i genitori non controllano la loro attività online.

Al di là quindi dei provvedimenti legislativi e delle azioni combinate tra le varie istituzioni, per contrastare il revenge porn e gli altri pericoli della rete serve un patto di reciproco interesse che coinvolga genitori e insegnanti

I primi dovrebbero garantire più ascolto e monitoraggio di ciò che fanno i figli in casa.

I secondi, supportati dai feedback dei genitori, dovrebbero “testare” con il dialogo e con esercizi in classe quanto i giovani ne sanno di sicurezza online, e adottare metodi educativi per insegnare loro a difendersi dalle minacce della rete.