Mai sentito parlare di sharenting?
Se il termine può essere più o meno noto, non c’è dubbio che ogni utente social sia stato almeno una volta spettatore di questo fenomeno.
Lo sharenting consiste nella costante condivisione, da parte dei genitori, di contenuti (come foto e video) che riguardano i propri figli.
Il neologismo, coniato negli Stati Uniti, deriva dalle parole inglesi “share” (condividere) e “parenting” (genitorialità).
Forse però sarebbe più appropriato il termine “over-sharenting”, ovvero l’eccessiva e costante sovraesposizione online di bambini e bambine.
Nella maggior parte dei casi questa avviene senza il loro consenso, perché troppo piccoli o non ancora così grandi da comprenderne le implicazioni.
Postare le foto dei propri figli sui social è diventato per molti un gesto “naturale”, perché la vita di ognuno di noi è sempre più “onlife”, cioè priva di distinzioni tra esperienze offline e online.
La condivisione con familiari e amici dei momenti più importanti, compresi quelli che riguardano i propri figli, avviene sempre più spesso attraverso le tecnologie digitali.
L’eccessiva divulgazione di informazioni, poi, non coinvolge solo i genitori, ma anche parenti e amici, amplificando l’impatto della diffusione e la perdita (anche nel tempo) di controllo sui contenuti.
Si tratta di tracce lasciate online su cui i bambini non hanno controllo, ma che vanno a sedimentarsi in rete diventando parte della loro identità digitale.
I rischi dello sharenting
Le implicazioni della ripetuta esposizione online di bambini e bambine sono diverse, e molto più complesse di ciò che si pensa.
Ecco qualche esempio dei rischi che i minori corrono a causa dello sharenting:
1) Violazione della privacy e della riservatezza dei dati personali (e spesso sensibili)
La privacy, come sappiamo, è un diritto non solo degli adulti, ma anche dei bambini, come sancito anche dalla Convenzione dei diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza e dal Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR).
2) Mancata tutela dell’immagine del bambino
Si pensi alla perdita di controllo su informazioni e contenuti.
L’identità digitale ha effetti concreti e reali sul futuro dei propri figli, considerando la permanenza dei contenuti online e la possibilità che questi siano a disposizione di chiunque.
3) Ripercussioni psicologiche sul benessere dei più piccoli
Soprattutto, ma non solo, quando bambini e bambine cominceranno a navigare autonomamente, e dovranno fare i conti con l’essere (o l’essere stati) continuamente esposti al pubblico, o con un’identità digitale costituita da immagini molto intime che non hanno scelto loro di divulgare.
4) Rischio di diffondere contenuti utili ad alimentare materiali pedopornografici
Foto o video innocenti, ma intime, possono essere scaricate da chiunque, e ripubblicate online per scopi inimmaginabili.
Ovviamente non si può conoscere l’uso che verrà fatto da altri del materiale condiviso.
Inoltre con l’ausilio di semplici programmi di photo editing si possono “manipolare” le immagini, trasformandole in materiale pedopornografico.
5) Rischio di adescamento
Le informazioni appartenenti a bambine e bambini – come le loro passioni e abitudini, lo sport che amano, e la scuola che frequentano – costantemente postate online, offrono materiale utile nei processi di avvicinamento e adescamento in rete.
Che cosa ne pensano gli adolescenti: i risultati di una ricerca belga
Lo sharenting crea un archivio digitale pubblico, e le immagini contenute – è bene ribadirlo – non sempre rappresentano il modo in cui un bambino o una bambina vorrebbero essere identificati una volta adolescenti.
Quindi, pur comprendendo le ragioni del comportamento dei genitori, i ragazzi si dimostrano preoccupati per questo modo di fare degli adulti, che di razionale ha ben poco.
Lo dimostra una recente ricerca condotta dall’Università di Anversa, in Belgio, attraverso alcuni gruppi di adolescenti tra i 12 e i 14 anni.
Per la maggior parte dei ragazzi intervistati si tratta di qualcosa di inutile e imbarazzante.
C’è molta paura e ansia nello scoprire che cosa hanno condiviso i genitori sui social media.
Gli adolescenti vorrebbero controllarli ogni volta che postano foto o commenti che li riguardano, perché a differenza dei loro padri e madri hanno compreso che lo sharenting è qualcosa di pericoloso per la loro “web reputation”.
Nei ragazzi cresce la paura di essere giudicati negativamente dai coetanei, di essere vittima di episodi di cyberbullismo, e persino di avere problemi in futuro quando si troveranno a partecipare a dei colloqui di lavoro.
Le reazioni, comunque, non sono tutte negative: gli adolescenti che hanno speso parole di apprezzamento per questa pratica sono quelli che pubblicano in modo compulsivo foto private e commentano qualsiasi cosa sui social.
A proposito del fenomeno dello sharenting (e di tutti quelli connessi alla mancanza di rispetto della privacy online), l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (AGIA) ha condiviso una proposta che è stata fatta propria dal “Tavolo tecnico sulla tutela dei diritti dei minori nel contesto dei social network” presso il Ministero della Giustizia.
Tale proposta, estendendo la disposizione, già contenuta nella legge sul cyberbullismo, consentirebbe al minorenne (dai 14 anni in su) di ottenere la rimozione delle immagini condivise dai genitori o da altri congiunti.
Dal Garante della privacy i consigli per i genitori
È fondamentale sensibilizzare ed educare i genitori sui pericoli dello sharenting.
Le mamme e i papà 2.0 devono essere adeguatamente informati sui rischi connessi, e consapevoli delle politiche privacy adottate dai social media utilizzati.
Inoltre, è importante instaurare un dialogo costruttivo con i figli, rispettando le loro opinioni sui contenuti e su come condividerli.
Ecco i consigli utili per prevenire i rischi dello sharenting secondo le linee guida del Garante:
- Tutelare il più possibile l’immagine online dei figli, ad esempio condividendo solo foto “pixelate” o coperte con una emoticon, in modo da rendere irriconoscibili i volti
- Conoscere le politiche sulla privacy degli ambienti digitali in cui si pubblicano immagini e contenuti
- Nell’uso quotidiano delle piattaforme, scegliere accuratamente con chi condividere le foto o i video
- Evitare di acconsentire alla creazione di un account social dedicato al minore
Tutti insieme per contrastare lo sharenting
In generale, per sensibilizzare l’opinione pubblica sul fenomeno dello sharenting, bisognerebbe intraprendere azioni condivise da istituzioni ed enti pubblici, al fine di creare una mobilitazione di massa.
Campagne di comunicazione, convegni e giornate formative dedicate all’analisi del fenomeno e all’importanza di tutelare la privacy online sono solo alcune delle iniziative possibili.
In gioco ci sono i diritti e il futuro di intere generazioni!