Sono passati 25 anni da quando è stata istituita la figura del Garante per la privacy.
L’evento “State of privacy ‘22” è stata l’occasione per celebrare questo traguardo con un unico e preciso obiettivo: guardare al futuro.
In che modo? Insieme a stakeholders pubblici e privati, con i quali ragionare su idee e progetti in grado di promuovere e rafforzare il diritto alla protezione dati, cruciale anche per il percorso di accelerazione digitale che stiamo vivendo in tutti gli ambiti.
Così, a “State of privacy ’22” hanno partecipato più di 250 rappresentanti di istituzioni nazionali e internazionali, amministrazioni, società che gestiscono infrastrutture digitali, diversi leader del mercato finanziario, e rappresentanti delle Big Tech (tra cui Meta, Google, Microsoft, Oracle, Amazon, Apple, TikTok).
L’evento, che si è tenuto a Napoli al Museo Nazionale ferroviario di Pietrarsa lo scorso 23 settembre, oltre a celebrare il 25esimo anno della nascita dell’Autorità, ha quindi voluto essere un’occasione di confronto produttiva e pragmatica.
Al centro dell’evento: la privacy dei minori online
Nel corso dello “State of Privacy ‘22” si è discusso molto di tutela della privacy dei minori, soprattutto in ambito digitale.
Il dibattito su questo tema ha avuto come esito finale l’adesione dei partecipanti al “Manifesto di Pietrarsa”.
Il Manifesto chiede a chi vi ha aderito, e a chi in futuro vi aderirà, l’impegno a promuovere azioni e risultati quantificabili in ambiti specifici, quali trasparenza, consapevolezza ed educazione, e a mettere in atto tutte le attività utili a questo scopo.
Le iniziative mirano a rendere trasparenti, accessibili e comprensibili le informative sul trattamento dei dati personali, per passare da una trasparenza formale ad una trasparenza effettiva.
Per rafforzare i concetti di tutela e rispetto della privacy sono state proposte attività promozionali, campagne di informazione, giochi a premi e rubriche di attualità.
Senz’altro gli strumenti ideali per trasmettere i concetti di tutela della privacy e dei dati personali sono risultati i percorsi di formazione – anche a distanza – rivolti soprattutto ai bambini, per accrescere la loro consapevolezza nell’uso dei dispositivi e dei servizi digitali.
Tra i primi aderenti al Manifesto – dopo la firma del Presidente del Garante Pasquale Stanzione – Polizia Postale, Guardia di Finanza, Università Roma Tre, Google, Ferrovie dello Stato, Fondazione Telefono Azzurro.
Minori, digitalizzazione e pericoli della rete
L’interesse cruciale che l’argomento ha ricevuto nel corso dello “State of Privacy ’22” – e poi nel conseguente Manifesto – ha chiaramente motivazioni e origini specifiche.
In una recente indagine condotta da Doxa Kids, ben 1 bambino su 2 tra i 10 e gli 11 anni possiede uno smartphone.
Cosa fanno bambini e adolescenti con i cellulari? Sono online. Chattano, giocano, vivono nel mondo dei social network.
Instagram viene utilizzato da 1 ragazzo su 4 tra i 12-13 anni, e da oltre il 40% dei ragazzi nella fascia 14-16 anni.
Ma è YouTube l’unica piattaforma web utilizzata anche dai più piccoli.
Oggi oltre un bimbo su 4 nella fascia 8-9 anni accede abitualmente a YouTube, e i tassi di crescita della piattaforma di condivisione e visualizzazione di video per eccellenza sono a doppia cifra anno su anno.
Naturalmente, la pandemia ha accentuato l’utilizzo della comunicazione a distanza, e quindi dei media digitali.
Ecco il perché della recente iniziativa del Garante.
Ormai, lo sappiamo bene, i minori sono sempre più esposti ai rischi del web, in quanto le loro interazioni con il mondo digitale sono pressoché quotidiane.
Se è vero che la digitalizzazione porta con sé innumerevoli rischi, tanto per gli adulti quanto per i bambini, è altrettanto chiaro che questi ultimi, in quanto più vulnerabili, risultano correre pericoli maggiori.
Infatti, su una platea di soggetti nel pieno del loro percorso di crescita, e con una capacità di discernimento che non ha ancora raggiunto il pieno sviluppo, alcune insidie possono avere un impatto gravissimo.
Quando un minore utilizza un social network può capitare che venga rintracciato da qualche malintenzionato.
In seguito può accadere davvero di tutto.
Il rischio per i minori è essere vittime di forme più o meno gravi di adescamento online (in inglese “grooming”) o di vedere la propria identità totalmente violata.
Il ruolo del Garante della protezione dei dati
Sul tema della privacy dei minori – lo abbiamo ricordato più volte – il Garante ha messo in atto diversi provvedimenti.
Ma le regole, si sa, devono inserirsi in un tessuto sociale che prima di applicarle deve riconoscerle nel loro significato.
In sostanza, l’obiettivo dell’emanazione di una norma non è solo comprendere il testo della disposizione, ma anche le ragioni che la rendono importante per i destinatari.
Gli interventi di sensibilizzazione del Garante si sono concretizzati soprattutto attraverso una serie di provvedimenti volti a richiamare l’attenzione sull’applicazione delle disposizioni vigenti.
Al riguardo, si possono menzionare diverse iniziative, come il vademecum sull’utilizzo sicuro degli smart toys, la campagna informativa con Telefono Azzurro in tema di accesso dei minori ai social network, e il vademecum APPprova di privacy, che racchiude consigli per “grandi” e “piccoli” che usano applicazioni.
In questa circostanza il Garante ha toccato diverse tematiche, come le insidie della rete, il parental control, la pubblicazione di foto di minori online, e il ruolo che i genitori possono avere nell’accompagnamento e nell’educazione dei figli rispetto alle nuove tecnologie.
Al fine di proteggere la privacy dei più piccoli, l’Autorità è intervenuta anche in vicende di esplicita violazione di tale diritto.
Per fare un esempio, nel novembre del 2021 il Garante si è rivolto ai quotidiani, sia cartacei che online, che avevano diffuso dati e immagini di un bambino vittima di un omicidio avvenuto in provincia di Viterbo.
L’Autorità ha infatti ritenuto di dover “rimproverare” la stampa nazionale, i siti di informazione e i social media, chiedendo loro di rispettare le regole deontologiche e della Carta di Treviso relativamente alle tutele riconosciute ai minori.
La Carta di Treviso afferma il superiore interesse dei bambini e degli adolescenti, che prevale sempre e in ogni caso sul diritto di cronaca.
In particolare, ha ribadito come, pur in presenza di fatti di interesse pubblico e connessi al diritto/dovere di informazione, i giornalisti dovrebbero astenersi dal diffondere dati personali e dettagli che rendano il minore identificabile (in particolare foto e immagini), in quanto eccedenti lo stretto necessario ai fini dell’applicazione del diritto di cronaca.
Lo stesso è stato fatto in merito alle tragiche immagini delle piccole vittime del conflitto in Ucraina diffuse da diversi organi di stampa.
Vicende del genere ci consentono di riflettere sul concetto di tutela della privacy dei minori in senso ampio.
Proteggere i dati e le informazioni che riguardano bambini e ragazzi significa anche garantire la loro dignità.