Esiste la privacy nel mondo social? Quando si utilizzano quotidianamente i social network, fino a che punto la sfera privata di ognuno è esposta come una finestra sul mondo?
Queste sono domande che, soprattutto se si tratta di minori, abbiamo il dovere di porci.
Sulla questione ci eravamo già pronunciati in un precedente articolo, in cui avevamo spiegato approfonditamente come i social network influenzano il comportamento dei giovani, evidenziando i pericoli del web a partire da un’indagine molto interessante condotta da Telefono Azzurro e Doxa Kids.
Eravamo poi entrati nel vivo dell’argomento tutela della privacy in internet, parlando di uno dei pericoli del web, il revenge porn (ovvero la condivisione pubblica in rete di immagini o video intimi senza il consenso degli interessati).
A proposito di questo fenomeno sempre più diffuso, si è mosso il Garante della privacy che, insieme a Facebook, ha dato vita sul proprio sito a un modello di segnalazione per tutti coloro che temono di esserne vittima, compresi i minori con più di quattordici anni.
L’azione del Garante a tutela della privacy in internet e contro il revenge porn
Sebbene sia stato introdotto un provvedimento legislativo contro il revenge porn, ovvero l’articolo 10 della legge 19 Luglio 2019 n. 69, mancava fino ad ora uno strumento semplice ed efficace per difendersi da questo reato.
L’intervento del Garante a completare l’introduzione della legge ha dimostrato subito la sua efficacia.
Infatti, a pochi mesi dall’avvio del sistema di segnalazione, ci sono state diverse richieste di rimozione di contenuti, e sono partiti i primi provvedimenti dell’Autorità a tutela delle potenziali vittime.
Il Garante ha imposto a Facebook, Instagram e Google l’obbligo di adottare immediatamente tutte le misure necessarie per impedire la diffusione sulle relative piattaforme del materiale (video, foto) segnalato da alcune persone che ne temevano la messa online.
Il caso della studentessa vittima di revenge porn
A testimoniare l’importanza di tutelare la privacy dei minori sulle piattaforme social e di agire con interventi a completamento della legge sul revenge porn, un caso emblematico di porno-vendetta che ha coinvolto anche la scuola.
Una studentessa diciassettenne della provincia di Rimini è finita, in un video senza veli girato dal suo ex fidanzato, sul sito dell’istituto superiore che frequentava.
É stata la tempestività della dirigente scolastica a bloccare la circolazione del filmato che ha poi consegnato nelle mani degli agenti della Polizia Postale, i quali hanno aperto immediatamente un’indagine.
L’apparato scolastico nel suo insieme si configura come un’importante strumento di sensibilizzazione, ma anche come un organo centrale nella collaborazione con altri, per risolvere concretamente episodi di violazione della privacy e dell’intimità dei minori.
I primi interventi del Garante sul tema privacy e social network
Oltre a quello contro il revenge porn, nel corso degli anni ci sono stati altri interventi del Garante in difesa della privacy in internet.
Già nel 2016 l’Autorità aveva pubblicato un vademecum, intitolato “La scuola a prova di privacy”.
All’interno del documento, la sezione “Mondo connesso e nuove tecnologie” è particolarmente interessante, in quanto dedicata appunto al tema della tutela della privacy nell’uso di internet e dei social.
Si tratta in sostanza di una guida all’utilizzo di smartphone e altri dispositivi da parte dei più giovani.
Guida che, passando in rassegna i vari fenomeni di rischio come cyberbullismo e sexting, prova a fungere da valido strumento di informazione e sensibilizzazione.
Ancora più indietro nel tempo, in un’intervista del 13 febbraio 2014, il Garante aveva dichiarato: “In un decennio i social network hanno trasformato radicalmente le nostre giornate, le relazioni ed il modo di comunicare e fare amicizia […] Ma dobbiamo imparare a conoscere bene anche i pericoli di questa “nuova terra digitale” […] I giovani devono essere consapevoli che non c’è differenza tra vita reale e mondo on line e che le nostre azioni in rete possono produrre effetti negativi anche per un tempo infinito”.
Poi, alla domanda “Web e tutela della riservatezza possono procedere insieme per creare una società migliore?”, l’Autorità aveva posto la necessità di introdurre l’educazione digitale come materia di insegnamento nelle scuole di base.
Una sorta di rinnovata ed evoluta educazione civica, in grado di sensibilizzare i giovani a un uso consapevole dei social network, e soprattutto all’importanza del rispetto degli altri.
Questo perché, citando nuovamente le parole del Garante: “Lo sforzo per proteggere la “persona digitale” deve riguardare tutti: le istituzioni, gli educatori e gli operatori sono chiamati a misurarsi insieme con le sfide poste da questa complessa fase di evoluzione sociale e tecnologica e a dare risposte adeguate”.
Negli ultimi anni sentiamo sempre più spesso parlare di educazione digitale.
Ormai la società mediatizzata non può più aspettare, e ha bisogno di essere istruita su come convivere tra social network e web.
Così l’educazione digitale a scuola può insegnare il rispetto della social privacy
La scuola è la prima istituzione che può intervenire sul tema social privacy e su tutto ciò che riguarda l’educazione digitale.
Il suo compito è anzitutto sviscerare la materia “web e social network”, per far conoscere a studenti e studentesse non solo gli aspetti tecnici e ludici del web, ma anche quelli più critici.
Navigare in internet è un’azione di responsabilità per cui i più piccoli devono essere guidati e preparati.
Il concetto di social privacy e di convivenza nel mondo digitale deve essere introdotto sin dalla scuola primaria.
Grazie all’introduzione dell’educazione digitale a scuola è possibile far acquisire a studenti e studentesse la capacità di appropriarsi dei media digitali, passando da consumatori passivi, facili prede dei pericoli della rete, a consumatori critici e produttori responsabili di contenuti.
È per questo che, sulla scia delle indicazioni fornite dal Garante e da altre istituzioni, è nato “Generazioni Connesse”, il progetto co-finanziato dalla Commissione Europea che promuove strategie finalizzate a rendere internet un luogo più sicuro per i più giovani.
“Generazioni Connesse” mette a disposizione di insegnanti, studenti e famiglie il Sillabo dell’educazione digitale, un prezioso strumento per approfondire i temi legati all’educazione digitale.
Lo scopo è quello di fornire linee guida chiare e accessibili su un argomento che necessita di diventare materia scolastica a tutti gli effetti.
Qual è il rischio che si corre a sottovalutare ciò che può sembrare ovvio e banale?
Quello di ritrovarsi, un giorno, a gestire fenomeni di massa di revenge porn e di altre forme di degenerazione dell’uso inconsapevole del web.
Un altro tipo di intervento preventivo in tal senso potrebbero essere gli incontri da organizzare nel corso dell’anno con professionisti delle forze dell’ordine, oppure con psicologi ed esperti del settore, per spiegare agli alunni come si convive sui social e quali sono i pericoli del web per se stessi e per gli altri.
Quando si parla di privacy e mondo scolastico sono davvero tanti i temi che si possono affrontare.
Insegnare la tutela dell’identità nell’universo digitale è un vero e proprio monito degli insegnanti e dei dirigenti scolastici degli ultimi anni.
Una corretta e costante informazione su questo argomento così vasto e delicato è il primo passo per trovare soluzioni e agire in difesa di ciò che bambini e adolescenti hanno di più caro.