A livello globale sono quasi 2 miliardi le persone che ogni giorno si connettono a Facebook.
Di queste, oltre il 40% sono adolescenti.
Come rivela il report pubblicato da Meta sugli utili per il quarto trimestre del 2021, è un dato in calo rispetto agli anni precedenti, ma sicuramente considerevole.
Gli utenti Facebook hanno davanti a sé una platea inimmaginabile.
Giovani e meno giovani provenienti da ogni parte del mondo, con interessi, abitudini e comportamenti molto diversi tra loro.
Ciò significa che, banalmente, nella home di un ragazzo italiano di quattordici anni può apparire qualsiasi tipo di contenuto.
Ma siamo davvero sicuri che tutti ne siano consapevoli?
Spesso, soprattutto i minori, utilizzano il proprio profilo Facebook con troppa leggerezza.
Il rischio non è solo quello dell’adescamento online, di cui abbiamo già parlato.
Dal momento in cui un utente rende pubblica un’informazione personale o semplicemente scorre i post sulla propria home, possono accadere molte cose, tutt’altro che banali.
A genitori e insegnanti è affidato il compito di prevederle!
I pericoli di Facebook per la privacy degli utenti
Su Facebook si può anche incappare in virus, essere spiati, o subire l’attacco di un hacker, mettendo seriamente a rischio la propria privacy.
Negli ultimi tempi la piattaforma ha individuato e bannato moltissime applicazioni che rubavano dati personali.
Erano giochi o sondaggi interattivi (del tipo “Scopri come sarai tra 40 anni o l’anima gemella incontrerai”), che violavano ogni norma sulla privacy degli utenti.
Oggi Facebook garantisce una maggiore sicurezza, ed è più raro imbattersi in questo tipo di contenuti.
Tuttavia, le minacce sono sempre in agguato.
“L’engagement bait” è il fenomeno che preoccupa di più
Ancora molto ricorrenti su Facebook sono i post che rimandano a una pagina, a un sito, o al profilo di un singolo personaggio, inducendo l’utente ad esprimere gradimento per un determinato contenuto.
Il post può essere ad esempio una foto, un video, o un carosello (e cioè una successione di immagini).
Lo si riconosce facilmente perché si contraddistingue per la presenza di inviti all’azione piuttosto insistenti, come mettere “mi piace”, commentare o condividere.
L’obiettivo è chiaramente quello di aumentare artificialmente le interazioni del contenuto in questione, e anche di raccogliere le informazioni sugli utenti che interagiscono con esso.
Basta aggiungere qualche frase ad effetto, suscitare emozioni, ansie e paure e il gioco è fatto.
I più esperti in questo tipo di minaccia, chiamata “engagement bait” (letteralmente “esca di fidanzamento”), utilizzano i “like” come veri e propri voti all’interno di un concorso a premi.
Al vincitore, a cui è stato chiesto di votare il contenuto che fa da esca, viene offerto un incontro o una telefonata con un personaggio famoso, spesso un cantante o un influencer.
Ovviamente, al di là della bontà del premio (spesso vero), gli organizzatori del “concorso a premi” raccolgono tutti i dati degli utenti che lasciano il “mi piace”, incluse informazioni come orientamento politico, religioso, interessi personali e luogo di nascita.
Dati molto utili per realizzare campagne di marketing e campagne politiche “ad hoc”.
I meno esperti in questo tipo di minaccia si limitano invece a raccogliere i “mi piace” su fotografie religiose protettive, su animali da salvare, o su bambini con gravi malattie (con frasi inverosimili, del tipo: “solo con 1 milione di like guarirà”).
Il loro scopo è vendere le informazioni su chi ha lasciato il “like” alle agenzie di marketing o a siti in cerca di visibilità.
Per proteggere la privacy dei minori da queste minacce bisogna informarli, sia a scuola che a casa, dell’importanza di ignorare qualsiasi tipo di post in cui si forza l’utente a compiere un’azione, come mettere “mi piace”, commentare o condividere.
Sono fattori di rischio anche clickjacking, malware e hacking
Il clickjacking (letteralmente “rapimento del click”) è una vecchia tecnica ancora molto utilizzata dai truffatori, sia su Facebook che in internet in generale.
L’inganno è anzitutto psicologico, e sfrutta la curiosità delle persone ad approfondire notizie clamorose.
In pratica si pubblica qualcosa per attirare i click, come notizie false e incredibili, pettegolezzi, o notizie riguardanti la morte di un personaggio famoso, con la dicitura “Esclusivo” o “Breaking News”.
Gli utenti, cliccando sul link, scaricano un malware (e cioè un software dannoso, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo), oppure finiscono su una pagina web infetta.
Molto spesso generano malware anche pagine di concorsi e giochi in cui si promette una vincita facile, dove si richiede l’iscrizione, e quindi l’autorizzazione a sottrarre dati personali.
Di recente, uno dei modi per rubare password e account su Facebook è quello di creare un’immagine e taggare gli utenti che si vogliono prendere di mira.
Il furto d’identità avviene così: le vittime aprono attraverso un messaggio ingannevole un link che rimanda al virus, e – come in un circolo – una volta infettato, il contatto a sua insaputa colpisce altri utenti tra la cerchia di amici.
Il messaggio che nasconde la minaccia proviene dal computer di uno dei contatti Facebook in precedenza colpiti dal virus, e contiene un testo del tipo: “Penso che sei tu in questa foto”.
Se l’utente clicca sul link che accompagna il messaggio, ecco che scatta la trappola: il virus si scarica sul PC della vittima e comincia a inviare lo stesso contenuto malevolo a tutti gli altri contatti.
Per quanto riguarda i fenomeni di hacking, spesso hanno origine dall’invio di una semplice richiesta di amicizia.
E non è raro che un utente riceva una richiesta di amicizia o un messaggio da parte di persone lontane dalla propria cerchia di familiari e amici.
A volte si tratta di account fake, che si legano al profilo della persona con cui hanno stretto amicizia allo scopo di accedere velocemente ai dati nascosti dai filtri della privacy di Facebook.
Il rischio è anche quello che il profilo in questione venga hackerato (cioè compromesso), e che subisca un vero e proprio furto di dati, compresi quelli non pubblici.
Come proteggere la privacy dei minori su Facebook
Com’è facilmente intuibile, i minori sono i più vulnerabili ed esposti ai pericoli del web.
Basta però una serie di accorgimenti per evitare che i più giovani mettano a rischio la sicurezza dei propri dati tramite Facebook e altri social network.
Poche semplici regole che, se prese alla lettera, possono supportare genitori e insegnanti nel difficile compito di tutelare la privacy dei minori in rete.
Ci sono contenuti o informazioni facilmente visibili sui profili degli utenti Facebook che, anche se apparentemente banali, vanno trattati con cautela, e nel caso rimossi.
Partiamo da ciò che sia i giovani che i meno giovani condividono di più sui propri profili, e cioè dalle foto personali.
Se durante una festa di compleanno qualcuno ha scattato una foto imbarazzante di un ragazzo o di una ragazza che poi è stata condivisa, questa, anche se sepolta sotto decine di altre, resta lì, nel mare magnum dei contenuti che circolano in rete, e basta un’attenta ricerca per trovarla.
Quindi in questo caso il consiglio è quello di fare un controllo manuale, e cancellare o chiedere di rimuovere tutte le foto che non si vogliono rendere pubbliche.
I numeri da non rendere pubblici
A proposito di informazioni strettamente personali, circa sei anni fa Facebook, al momento dell’iscrizione, chiedeva a tutti gli utenti il numero di telefono per questioni di sicurezza.
Tutti hanno di conseguenza fornito questo dato, e ora – se non è stato eliminato – basta cliccare sulle informazioni riportate nel loro profilo per conoscerlo.
I motivi per cancellarlo sono presto detti: se il numero è pubblicamente leggibile, chiunque potrà chiamare per scherzi, promozioni, stalking, o per qualsiasi altro motivo.
Si può non solo eliminarlo, ma anche nasconderlo o limitarne la visibilità: basta cliccare su “Impostazioni” e poi su “Privacy”.
Insieme a nome, cognome, luogo di nascita e numero di telefono, anche la pubblicazione della data di nascita sul proprio profilo è un’informazione potenzialmente pericolosa per la tracciabilità degli utenti, perché permette una raccolta anagrafica completa.
Gli scopi di quest’ultima possono essere sia gravi (come furti di identità), che meno gravi, ma pur sempre spiacevoli (come l’iscrizione a servizi e newsletter non richiesti).
Attenzione alla localizzazione e ad altre informazioni
Che dire poi della localizzazione?
Su Facebook è possibile registrare la propria posizione attivando il GPS, oppure ricercando la località in modo manuale.
Farlo può essere pericoloso: far sapere che si è in un determinato posto, in vacanza, lontano da casa, può essere un’esca involontaria per il gran numero di persone che usano la piattaforma.
Da sconsigliare è anche la condivisione della posizione della propria abitazione.
Molti utenti creano addirittura un luogo “ad hoc”, del tipo “Nome – contatto – home”.
In questo modo le proprie informazioni sono alla mercé di chiunque, senza alcun riguardo per la privacy e la sicurezza personale.
Bisogna prestare attenzione a tutte le informazioni che si condividono, non solo a quelle anagrafiche.
Ad esempio, è utile suggerire a ragazzi e ragazze di fare un controllo delle pagine che seguono e che possono essere visualizzate da tutti gli utenti.
In questo caso non si tratta solo di nascondere dal profilo Facebook l’elenco delle pagine fan, ma proprio di eseguire una “pulizia generale” di quelle alle quali si è messo “mi piace” e che non si vorrebbe più mostrare agli altri.
Per farlo basta accedere al profilo dell’utente e cliccare sul box “mi piace”, che si trova a sinistra.
Da qui si modificano le impostazioni privacy di visualizzazione e si eliminano i “like” alle varie pagine seguite.
Infine, è bene sfruttare tutte le potenzialità offerte dal controllo del profilo, così da evitare, ad esempio, di essere taggati in una foto senza averne prima dato l’autorizzazione.
In conclusione e in generale, in ogni momento si possono impostare precise condizioni di privacy per ogni informazione o contenuto che viene pubblicato.
Invitare i ragazzi e le ragazze a farlo è una raccomandazione utile quanto doverosa!