“Professore, che voto mi ha dato all’interrogazione?”.

Questa è la domanda che molti alunni fanno all’insegnante al termine di una verifica orale.

Alcuni docenti, pensando di fare la cosa giusta, non comunicano il giudizio, e rimandano lo studente alla consultazione privata del registro elettronico.

Ma le informazioni sul rendimento scolastico sono soggette a trasparenza, e il regime della loro conoscibilità è stabilito dal Ministero dell’istruzione.

L’insegnante deve perciò comunicare i voti ai propri studenti in modo chiaro e davanti a tutta la classe, e poi, in tempo reale, inserire il giudizio nel registro elettronico.

Questa procedura va utilizzata anche dopo la correzione di una prova scritta, poiché la trasparenza riferita alla valutazione delle verifiche è prioritaria rispetto a ogni forma di privacy.

Uno scritto dovrebbe essere corretto e valutato in un tempo ragionevole, che non superi i 10 o 15 giorni.

Per la valutazione di un colloquio orale, invece, si definisce tempestività il momento stesso della conclusione della verifica.

La trasparenza si manifesta anche con la chiarezza del voto secondo una griglia di valutazione predisposta prima della prova e resa pubblica a tutti gli studenti.

I provvedimenti del Garante per garantire trasparenza nella comunicazione dei voti

Per quanto attiene specificamente la privacy, già nella nella newsletter del Garante 12 – 18 giugno 2000, si legge:

Continua ad essere diffusa sui mezzi d’informazione l’opinione che l’iniziativa del Ministero della pubblica istruzione di non far rendere note sui quadri esposti al pubblico le valutazioni finali analitiche a carico dei “bocciati” o dei non ammessi all’esame di maturità derivi dalla tutela della riservatezza personale o addirittura dal contenuto della legge n. 675 del 1996.

Ciò non è vero, dal momento che questa legge non prevede nulla del genere. D’altra parte una (discutibilissima in questo campo) tutela della riservatezza dello studente imporrebbe addirittura l’assenza di pubblicità su ogni esito scolastico, anche sintetico; e poi, su questa via, perché allora diffondere gli esiti degli altri studenti?

La realtà è che l’iniziativa del Ministero sembra rispondere alla diversa esigenza – giusta o sbagliata che sia – di cercare un rapporto con gli studenti in questa situazione difficile e con le loro famiglie.

Certo che la pubblicità degli esiti scolastici è invece la regola in generale: non può infatti dimenticarsi che vi sono essenziali esigenze di controllo sociale e professionale che dipendono proprio dalle conoscibilità delle valutazioni finali”.

In seguito, in un comunicato del 2004, l’Autorità ha chiarito che:

“…non esiste alcun provvedimento del Garante che imponga di tenere segreti i voti dei compiti in classe, delle interrogazioni o gli scrutini, né di consegnarli agli alunni in busta chiusa…”.

Successivamente, in un comunicato del Garante del 28 agosto 2008, a proposito della pubblicità dei voti dell’esame di stato, si affermava che:

“In riferimento a odierne dichiarazioni riportate dalle agenzie, il Garante per la protezione dei dati personali ribadisce che, come già precisato più volte, nessun provvedimento dell’Autorità ha mai impedito la pubblicità dei voti dell’esame di stato. Il regime attuale relativo alla conoscibilità degli esiti degli esami di maturità è stato stabilito dal Ministero dell’istruzione indipendentemente da ogni parere o richiesta del Garante”.

E ancora, nel vademecum “La scuola a prova di privacy” del 2016 (recentemente oggetto di aggiornamento), è scritto che:

“I voti dei compiti in classe e delle interrogazioni, gli esiti degli scrutini o degli esami di stato sono pubblici”.

Gli esiti degli scrutini delle classi intermedie delle scuole secondarie di I e II grado, e di ammissione agli esami di stato del secondo ciclo di istruzione, devono tuttavia essere resi disponibili (con la sola indicazione “ammesso” o “non ammesso” alla classe successiva) nell’area riservata del registro elettronico, cui possono accedere solo gli studenti della classe di riferimento.

I voti riportati nelle singole discipline dall’alunno, invece, devono essere caricati nell’area riservata del registro, a cui può accedere esclusivamente il singolo studente con le proprie credenziali.

È infine importante ricordare come, nel pubblicare gli esiti degli esami nei tabelloni, sia necessario che l’istituto eviti di fornire, anche indirettamente, informazioni sulle condizioni di salute degli studenti.

Il riferimento alle “prove differenziate” sostenute dagli alunni portatori di handicap, ad esempio, non va inserito nei tabelloni, ma deve essere indicato solamente nell’attestazione da rilasciare allo studente.

Quanto contano i voti

I voti contano, può sembrare una tautologia, ma è esattamente così.

Attribuire un numero a un’interrogazione, a una verifica, o a una qualsiasi performance da parte di uno studente è indispensabile per potergli permettere di imparare e di migliorarsi passo dopo passo.

Ma i voti non sono tutto, e ogni alunno va valutato in maniera complessiva, tenendo conto del fatto che è anche un individuo con peculiarità e variabili. 

Gli insegnanti, nell’esprimere giudizi, devono quindi prestare particolare attenzione, e tenere conto del fatto che il voto, nella sua semplicità, rappresenta un termine di valutazione globale.

Inoltre è necessario evitare che i giudizi generino tra gli alunni competizioni violente, e va tutelata l’autostima di ognuno.

Spesso si pensa che questi problemi siano legati solo a voti bassi, invece sempre più ragazzi che hanno voti alti possono avere grandi difficoltà nell’accettare sé stessi.

La paura di deludere e l’ansia di raggiungere ottimi risultati possono generare malesseri anche gravi negli alunni e nelle alunne considerati “i primi” della classe. 

È perciò fondamentale contemperare la valutazione scolastica con l’armonico sviluppo della personalità dei minori.