Dati sensibili o dati particolari? È una questione di etichette.
Quelli che un tempo, nel vecchio codice della privacy (D.lgs. n. 196/2003), venivano chiamati dati sensibili, con l’entrata in vigore del GDPR hanno cambiato nome.
Adesso sono definiti dati particolari, e rappresentano un sottoinsieme della più ampia categoria dei dati personali.
Tra di essi sono annoverate tutte le informazioni idonee a rivelare origine razziale o etnica, opinioni politiche, convinzioni religiose o filosofiche, appartenenza sindacale, stato di salute, o orientamento sessuale di una persona.
L’art. 9 del GDPR ha altresì incluso in tale nozione i dati genetici e i dati biometrici.
Nella normativa viene esplicitato che i dati particolari non devono essere trattati, salvo le eccezioni previste dall’art. 9, tra cui il consenso esplicito da parte dell’interessato, o dei genitori (o tutori), nel caso di minori.
Alunni disabili: quali dati comunicare?
A scuola, insegnanti e personale scolastico si trovano spesso nella condizione di trattare dati particolari riferiti ad alunni con disabilità.
Inutile dirlo, bisogna prestare molta attenzione in questi casi.
Le comunicazioni relative ad alunni disabili, anche quando avvengono tra istituti o con altre amministrazioni, possono determinare un’indebita circolazione di informazioni personali.
In sostanza, può realizzarsi una “abusiva” violazione di precisi obblighi di riservatezza, come ha chiarito anche il Garante della privacy con il provvedimento 67/2021.
La circostanza del provvedimento
Un ufficio scolastico era stato segnalato all’Autorità a seguito di un esposto al Dipartimento della Funzione Pubblica in merito a presunte irregolarità commesse nell’attribuzione delle ore di sostegno.
Nell’istruttoria inviata all’Ispettorato, l’ufficio aveva trasmesso molte carte, compresa la documentazione “in chiaro” contenente lo stato di disabilità di un alunno della scuola.
Il diritto alla riservatezza dell’alunno disabile
Il Garante, nel provvedimento, ha ricordato che in materia di gestione dei dati personali effettuata in ambito pubblico, il trattamento può dirsi lecito solo se necessario per adempiere un obbligo legale, oppure per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico connesso all’esercizio di pubblici poteri.
Per quanto riguarda le categorie particolari di dati personali, inclusi quelli relativi alla salute, il trattamento è consentito unicamente quando indispensabile.
In proposito, il legislatore nazionale ha stabilito che i trattamenti in questione sono ammessi solo quando sussiste un’adeguata tutela del diritto fondamentale alla riservatezza del soggetto coinvolto, soprattutto se si tratta di un minore.
Il trattamento dei dati personali deve quindi avvenire “minimizzando” le informazioni, e limitando l’operazione a quanto strettamente necessario o addirittura imprescindibile.
Mai dati superflui
Dunque, pur essendo l’amministrazione scolastica tenuta a presentare all’Ispettorato tutti gli elementi utili a chiarire gli aspetti relativi alle modalità di assegnazione delle cattedre di sostegno, deve tuttavia fornire l’informazione senza comunicare i dati personali degli alunni disabili coinvolti, o comunque disponendo i migliori accorgimenti possibili.
E certamente non può definirsi indispensabile, in riscontro a una richiesta di chiarimenti per presunte irregolarità sull’attribuzione di ore di sostegno, comunicare all’Ispettorato il codice diagnostico indicativo della disabilità di un determinato alunno, ovvero il riferimento a parametri di “gravità” disciplinati dalla Legge 104.
Come strutturare un piano didattico inclusivo
Chiarite le regole in merito al trattamento dei dati degli alunni con disabilità, resta da stabilire come strutturare un piano didattico ritagliato sulle loro esigenze.
PEI (Piano Educativo Individualizzato) e PDP (Piano Didattico Personalizzato) sono i due strumenti pensati con l’obiettivo di mettere in atto una didattica più inclusiva nei confronti di studenti e studentesse con bisogni educativi speciali.
Le necessità di questi alunni sono ovviamente differenti di caso in caso.
Tramite le linee guida fornite dal PEI e dal PDP, i docenti hanno la possibilità di individuare soluzioni adatte a ognuno di loro.
Essere vicini alle esigenze dei bambini con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) rappresenta una priorità non solo per gli insegnanti, ma anche per i genitori, il cui compito è quello di intraprendere un percorso didattico personalizzato insieme ai propri figli.
PEI: il Piano Educativo Individualizzato
PEI vuol dire Piano Educativo Individualizzato, ed è pensato per tutti gli alunni che presentano qualsiasi tipo di disabilità certificata.
È un documento che viene redatto a inizio anno scolastico, e che definisce la programmazione delle attività didattiche ed educative idonee per il singolo studente.
Contiene metodi, materiali e criteri di valutazione.
Il Piano Educativo Individualizzato è uno strumento fondamentale delle politiche di integrazione scolastica.
A livello legislativo, il PEI ha trovato una prima formalizzazione con la legge 104/1992.
Il Piano Educativo Individualizzato viene redatto dalla scuola insieme ai servizi socio-sanitari competenti, in collaborazione con la famiglia dell’alunno.
Il documento è firmato da diversi soggetti (psicologi, medici, specialisti), e non rispetta modelli prestabiliti, tenendo conto delle esigenze e delle caratteristiche del singolo studente.
PDP: il Piano Didattico Personalizzato
L’acronimo PDP sta per Piano Didattico Personalizzato, e viene utilizzato per gli alunni con DSA (disturbi specifici dell’apprendimento) o BES (bisogni educativi speciali), che non hanno quindi una disabilità certificata, o per gli studenti con difficoltà economiche, sociali o linguistiche.
La legge che ha introdotto nel sistema scolastico italiano il Piano Didattico Personalizzato è la 170/2010.
Il PDP viene redatto dal consiglio di classe, magari coinvolgendo anche la famiglia ed eventualmente le figure sanitarie.
È firmato dai genitori (o tutori), dai docenti e dal dirigente, ma la responsabilità è soltanto a carico della scuola.
Questo documento deve essere compilato entro tre mesi dall’inizio dell’anno scolastico, e deve contenere, oltre ai dati anagrafici dell’alunno, i criteri di verifica e valutazione, le misure da adottare in base alle problematiche legate a quel particolare studente, una valutazione della sua abilità di lettura, calcolo e scrittura, e altri dettagli riferiti al suo livello di comprensione.
Conclusioni
Nonostante siano di diversa entità, il PDP e il PEI hanno un fine simile, ovvero garantire la piena inclusione all’interno del gruppo classe degli alunni con difficoltà, disturbi dell’apprendimento, problematiche comportamentali o disabilità.
La collaborazione tra famiglie, scuola e servizi socio-sanitari è fondamentaleper il successo dei progetti e per innalzare i livelli di istruzione, prevenendo la dispersione scolastica nell’ambito delle pari opportunità educative.