La Costituzione italiana garantisce a ciascuno di noi, fin dalla nascita, una serie di diritti inviolabili.
In particolare, quelli dei minori sono tutelati dall’articolo 30 (che sancisce il dovere dei genitori di mantenere, educare e istruire i figli), e dall’articolo 31 (che protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù).
Per quanto riguarda il diritto alla riservatezza dei minori possiamo poi fare riferimento ad altri due articoli, uno internazionale e l’altro nazionale, ossia l’articolo 16 della Convenzione sui diritti del Fanciullo di New York e l’articolo 147 del Codice Civile.
Il primo stabilisce che “Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata…”.
Il secondo, che i genitori hanno “l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni…”.
Se da una parte, quindi, la legge impone ai genitori di provvedere alla crescita e allo sviluppo del minore, dall’altra fa intendere che tale obbligo deve misurarsi con le capacità, le inclinazioni e le aspirazioni del figlio.
Le norme che tutelano il diritto alla riservatezza dei minori
Il diritto alla riservatezza viene trattato in maniera esplicita nell’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (la cosiddetta “CEDU”).
Qui si afferma che: “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza”.
Nel corso degli anni questo diritto ha ottenuto sempre maggiori attenzioni, fino a riguardare non solo gli individui in generale, ma nello specifico anche i minori.
Il diritto alla riservatezza dei minori viene poi tutelato dal Codice della Privacy (o D. Lgs. 196/2003) e dal Regolamento europeo 679/2016.
Da queste norme, e in particolare dalla CEDU, si apprende che il minore ha diritto al rispetto della propria vita privata e della propria corrispondenza.
In altre parole, la privacy è un diritto che prescinde dall’età anagrafica del soggetto che lo detiene.
Il mancato rispetto della riservatezza altrui – salvo che non ricorrano specifici presupposti o casi di legge – determina il compimento di un’attività illecita.
Le chat dei minori sono conversazioni private
Nell’ambito della sua vita privata, il minore ha il diritto di escludere chiunque dal conoscere il contenuto delle proprie conversazioni (tramite telefono, posta elettronica e social network).
Il Regolamento europeo del 2016 o “GDPR”, va anche oltre.
Infatti, non solo attribuisce al minore un diritto “in negativo”, lo “ius excludendi alios” (il diritto di escludere altri soggetti), ma gli riconosce anche la possibilità di disporre attivamente del proprio diritto nell’ambito dei servizi offerti dalla società dell’informazione.
L’articolo 8 del GDPR, in particolare, consente a chi abbia compiuto 16 anni (limite ridotto a 14 anni in Italia) di disporre liberamente dei propri dati personali per l’accesso ai servizi diretti della società dell’informazione.
Nel caso di minori sedicenni, per il trattamento dei dati a scopo pubblicitario o la creazione di profili utente, non è perciò necessario il consenso dei genitori.
Il diritto alla riservatezza del minore – tanto nella sua accezione in negativo, quanto in quella in positivo – è quindi un aspetto che dev’essere tenuto in debita considerazione dai relativi responsabili legali nell’ambito del percorso educativo.
Genitori e figli nel mezzo di due opposti diritti
A seguito delle considerazioni appena fatte è dunque lecito domandarsi come si possa esercitare il dovere di educare i propri figli senza lederne il diritto alla privacy.
Andando al nocciolo della questione. È giusto far usare il telefono ai minori? Esiste un’età minima per l’utilizzo dello smartphone?
Si tratta di un argomento complesso, che divide e non trova una immediata e univoca soluzione.
Il 15 marzo 2021 è stata presentata una proposta di legge che, sulla scorta del modello francese, prospetta di vietare l’utilizzo di telefoni mobili e di altri dispositivi di comunicazione elettronica agli alunni nelle scuole primarie e secondarie di primo grado, e negli altri luoghi in cui si svolge l’attività didattica.
Al momento, però, non esistono divieti espliciti, stabiliti dalla legge, nell’utilizzo di cellulari e altri dispositivi a scuola.
Anzi, il Tribunale di Caltanissetta ha affermato che l’utilizzo del cellulare costituisce un esercizio del diritto di libertà e di espressione non subordinato alla maggiore età.
E allora, fin dove possono spingersi padri e madri per proteggere i minori?
E soprattutto, il diritto dei genitori di vigilare sui propri figli prevale o no sulla privacy di questi ultimi?
La proposta di bilanciamento dei diritti
Come in tutte le cose, la soluzione sta nel mezzo.
Ciò significa che è necessario procedere a un bilanciamento dei due opposti diritti: quello dei genitori di educare, e quello dei figli alla riservatezza.
Questa difficile operazione potrebbe essere condotta secondo due parametri.
Innanzitutto, è necessario che a un’eventuale violazione della privacy corrisponda un ragionevole e giustificabile fine.
Poi, almeno in parte, il diritto del minore dovrebbe essere tutelato.
Questo significa che la violazione della riservatezza dovrebbe rappresentare per il ragazzo il “minor sacrificio possibile”.
Sfortunatamente non esistono soluzioni onnicomprensive o adottabili in ogni contesto.
La risposta alla domanda posta in precedenza deve perciò essere trovata di volta in volta.
Si possono in ogni caso fornire indicazioni pratiche, linee guida generiche da declinare poi a seconda delle situazioni.
Consigli per i genitori
Ecco ad esempio alcuni consigli della Polizia Postale rivolti ai genitori per un uso sicuro dello smartphone da parte dei loro figli:
- Spiega a tuo figlio che il telefonino è un mezzo di comunicazione che impone una cautela analoga a quella che si ha nei confronti del computer. Scegli per i più piccoli modelli semplici. Quelli con telecamere e fotocamere riservali a quando sapranno utilizzarli in modo sicuro e consapevole.
- Spiega a tuo figlio che foto e riprese effettuate con il telefonino sottostanno alla normativa italiana in materia di protezione dell’immagine e della privacy delle persone.
- Per i telefonini che consentono la navigazione in internet o l’accesso a community e chat, spiega a tuo figlio che i rischi in termini di adescamento da parte di pedofili online sono i medesimi della rete “tradizionale”.
- Scegli per i tuoi figli SIM Card ricaricabili e ricarica sempre tu il credito in modo da poter monitorare la quantità di traffico telefonico effettuato.
- Al momento dell’attivazione della SIM Card fornisci ai tuoi figli il PIN ma non il PUK. Con il PUK infatti potrai accedere al telefono anche se il PIN è stato modificato.
- Spiega ai tuoi figli che SMS e MMS che promettono ricariche facili o altri vantaggi immotivati sono spesso il primo contatto effettuato da chi non ha buone intenzioni.
- Parla ai tuoi figli della potenziale pericolosità di richiamare col telefonino numeri sconosciuti da cui provengono squilli o chiamate mute. In passato si è trattato di una modalità con cui i pedofili adescavano i minori.
- Scoraggia tuo figlio dal diffondere foto o filmati fatti con il telefonino in community o chat telefoniche. Una volta immessi in rete possono continuare a essere diffusi senza controllo per lungo tempo.
Questi consigli pratici devono però essere sempre accompagnati da un’attenta educazione, tanto sui principi fondanti il vivere sociale e civile, quanto sull’uso degli strumenti, specialmente nei primi anni di vita.
Con il tempo poi – e con il raggiungimento della maturità – il diritto alla riservatezza dovrà naturalmente andare ad espandersi, a meno che non si verifichino circostanze che giustifichino il protrarsi della sua limitazione.
Potrebbero ostacolare il diritto alla riservatezza timori fondati o evidenze fattuali circa la non ancora opportuna maturità del minore per affrontare da solo e autonomamente determinate situazioni o attività.