Qualsiasi trattamento di dati personali va effettuato secondo regole ben precise e a determinate condizioni.
Questo vale naturalmente sia in ambito pubblico che privato.
Ne consegue che, come sanciscono gli articoli 29 e 32.4 del Regolamento EU 2016/679, “[…] chiunque abbia accesso ai dati personali non può trattare tali dati se non è istruito in tal senso […]”.
Il Regolamento, inoltre, non si limita a richiedere a titolari e responsabili di aziende ed enti pubblici di dare seguito all’obbligo di formazione del personale, ma si sofferma anche sulla funzionalità della formazione in ambito privacy in quanto misura di sicurezza.
Oltre a ciò, l’art. 39.1 (lett. b), prevede che a sorvegliare sulla corretta attuazione dell’obbligo formativo, laddove previsto, ci pensi il Responsabile della Protezione dei Dati (RPD o DPO).
Formazione sulla privacy per il personale scolastico
Per quanto riguarda nello specifico l’ambito scolastico, con la nota n. 23732 del 25 luglio 2018 il MIUR ha recepito la necessità, sancita dal GDPR, di istituire corsi in materia di privacy.
Se però da un lato ha sottolineato come fosse importante procedere a una vasta azione formativa destinata al personale scolastico, dall’altro ha rivolto la tassatività dell’obbligo a un massimo di 5 dipendenti per istituto (tra cui necessariamente il Dirigente Scolastico, il vicario e il Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi).
Anche il Garante per la protezione dei dati con il vademecum “La scuola a prova di Privacy” emanato nel 2016 ha sottolineato la necessità di insegnare la privacy a scuola.
A questa iniziativa ha poi fatto seguito la legge del 29 Maggio 2017, n. 71, che ha dettato disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di cyberbullismo.
Da un punto di vista normativo la cooperazione tra Ministero, Autorità Garante e Legislatore (nazionale ed europeo) sembra costituire un ottimo punto di partenza.
A questo devono però corrispondere azioni concrete e sostenibili nel tempo.
Obbligatorietà della formazione: sì o no?
Dunque la formazione in ambito privacy è fondamentale per rendere la scuola un luogo sicuro e a norma.
Ma è obbligatoria per tutto il personale scolastico?
Il GILDA ha contestato diversi ordini di servizio emanati da dirigenti scolastici con cui si obbligavano tutti i docenti a prendere parte a corsi sulla privacy.
Per motivare il non obbligo alla formazione, il sindacato ha affermato che gli insegnanti non trattano dati sensibili.
Ma ciò non è vero, in quanto quotidianamente devono gestire informazioni relative alla salute e/o alla condizione di disabilità di alcuni alunni.
In questi casi la consapevolezza diventa uno strumento fondamentale.
E la consapevolezza si raggiunge solo attraverso la formazione e la sensibilizzazione di tutti i soggetti coinvolti nel trattamento dei dati (dal titolare fino all’autorizzato).
Le scuole devono pertanto istruire ATA e docenti affinché possiedano adeguate competenze per gestire i dati personali nel rispetto della privacy.
Per raggiungere l’obiettivo, un buon punto di partenza è quello di riconoscere la natura dell’obbligo di formazione in base a quanto affermato dagli articoli di legge citati in precedenza, e di farlo diventare anche ragione di crescita personale.
Come sono strutturati i corsi sulla privacy per il personale scolastico?
I percorsi formativi per il personale scolastico sul tema della protezione dei dati si articolano in moduli che trattano materie specifiche riguardanti il GDPR, il codice della privacy, vari provvedimenti e interventi delle autorità (tra cui il Garante), e la normativa di settore.
Oltre a studiare le normative e a comprenderle, i partecipanti imparano anche a gestire i dati, a organizzarli, e a conservarli in modo idoneo.
Inoltre, al personale scolastico vengono fornite delle linee guida per minimizzare il rischio di furto o di perdita dei dati trattati dall’istituto.
Corso privacy docenti: e-learning o di persona?
I corsi sulla privacy per il personale scolastico di norma possono essere seguiti sia di persona che in modalità e-learning.
Un corso online è però molto più “smart” rispetto a una formazione organizzata in loco.
Ci si può infatti connettere a un’aula virtuale da qualsiasi luogo (da casa o al lavoro), e si possono seguire le lezioni in qualsiasi orario e tramite vari dispositivi.
E se a insegnare fossero i più giovani?
Oltre ai classici percorsi formativi esistono anche altre modalità di diffusione della cultura della privacy.
Alcune possono risultare davvero originali e stimolanti.
Valga per tutte l’esempio di “A scuola con la privacy”, l’iniziativa promossa dal Ministero dell’Istruzione lo scorso 12 giugno, in collaborazione con il Garante per la protezione dei dati personali.
“A scuola con la privacy” è uno spettacolo andato in scena al teatro Eliseo di Roma, che ha visto 10 bambini delle scuole primarie e secondarie di I grado “salire in cattedra” per spiegare agli adulti quali sono i rischi e le potenzialità che il trattamento di un dato può generare.
Lo spettacolo ha trasformato una provocazione in un’idea.
Per intraprendere un percorso improntato alla cultura privacy si deve partire da un momento catartico, che coinvolga tutti, e che ponga l’accento sull’importanza della consapevolezza.
Il fatto che siano i diretti interessati a spiegare come devono essere trattati i loro dati sovverte i ruoli, e crea uno stravolgimento del concetto di “obbligo formativo”.
L’istruzione per un corretto trattamento dei dati dei minori non può essere un infelice adempimento.
Meglio trasformarla in un’allegra opportunità di crescita.
Tra i temi illustrati nel corso della performance: “big data”, “privacy” e “data profiling”, parole chiave per ogni modello di business digitale, ma anche termini per certi aspetti insidiosi.
Infatti, pur essendo sinonimi di opportunità, allo stesso tempo interessano la sfera delle libertà individuali e della democrazia.
Da qui la necessità di trovare un approccio adeguato per cogliere le occasioni, scongiurando i rischi per i diritti sociali.
Con gli alunni e le alunne in palcoscenico e gli adulti in platea lo spettacolo dedicato al tema della privacy è stato un esperimento del tutto riuscito.
Insomma, una valida alternativa ai metodi di insegnamento tradizionali, che può essere ripresa dagli istituti scolastici che vogliono dare più spazio alla cultura della privacy e a tutti gli attori coinvolti nel trattamento dei dati personali.