“La scuola italiana non prepara adeguatamente i ragazzi al mondo del lavoro”.
“Le lezioni frontali continuano a essere la metodologia didattica prevalente, e i programmi di attività formativa alternanza scuola-lavoro sono poco efficaci all’insegnamento di una professione”.
Quante volte abbiamo letto o sentito frasi del genere? Forse troppe.
Così tante che il semplice rammarico ha poi ceduto il posto a domande del tipo: “Che cosa possiamo fare perché la scuola supporti gli adulti di domani nel costruire il proprio futuro?”.
In realtà, negli ultimi anni la scuola ha compiuto passi da gigante per dare risposte concrete a interrogativi come questo.
I laboratori didattici o l’inserimento nei programmi scolastici di attività che riguardano l’information technology, la digital transformation e l’informatica nelle sue forme più evolute sono solo alcuni esempi.
Certo, si può fare di più. Si può cioè partire dall’inizio.
Quando un ragazzo o una ragazza, dopo essersi diplomati, si lasciano alle spalle gli anni trascorsi tra i banchi di scuola, affrontano il loro primo grande cambiamento: la scelta di un impiego o di una facoltà universitaria dove proseguire gli studi.
Per loro questo è un momento importante e decisivo.
In entrambi i casi, qualsiasi cosa scelgano, è bene che studenti e studentesse sappiano anzitempo che cos’è un curriculum vitae, come realizzarlo al meglio, e in che modo adeguarlo al Regolamento UE 2016/679 (GDPR).
Realizzare il curriculum vitae non è un gioco da ragazzi
Quindi, ai docenti delle scuole secondarie di secondo grado… che ne dite di “sacrificare” alcune lezioni per dedicarle alla redazione dei CV?
La proposta, in sostanza, è quella di un metodo educativo che parta dalla realtà per rendere i giovani più consapevoli, e perciò pronti ad affrontare il mercato del lavoro.
Dopo aver dato loro delle linee guida, si potrebbe chiedere a studenti e studentesse di redigere il proprio CV, e poi di presentarlo in aula davanti ai compagni.
In questa circostanza non sarebbe certo un errore dare spazio alle lacune e alle debolezze di ciascuno.
Sarebbe anzi un bene se queste venissero fuori e se, insieme, docenti e alunni cercassero un piano d’azione per affrontare le criticità.
Una vera e propria lezione di “occupabilità”, che aiuta a comprendere le ragioni dei fallimenti delle tante riforme del lavoro e delle politiche occupazionali per i giovani.
Infatti, troppo spesso queste dimenticano un dato essenziale, e cioè l’importanza di partire dalla persona se davvero si vuole rafforzare la sua posizione sul mercato del lavoro.
Il curriculum dello studente
L’esercizio è semplice, e consiste nel partire da “come si scrive un curriculum”, per poi arrivare a definire come lo si rende “employability”, e cioè appetibile al mercato del lavoro.
Poco importa se un ragazzo che frequenta il terzo anno di liceo non ha molto probabilmente alcuna esperienza lavorativa.
Nel curriculum valgono infatti anche le esperienze di volontariato o di impegno in una disciplina sportiva, che indicano dedizione e spirito di gruppo.
Non meno importante è poi lo spazio da dedicare alle ambizioni.
Esprimere, in poche parole, desideri, sogni e progetti è il segreto per mostrare la determinazione di ogni ragazzo e ragazza.
Quindi, mentre per chi frequenta ancora la scuola le “hard skills” (competenze tecniche) sono tutte da costruire, si può certamente porre l’accento sulle “soft skills”, e cioè sul temperamento, sul carattere e sulle inclinazioni personali.
Lo scopo di questo esercizio è anche permettere a studenti e studentesse di iniziare a riflettere sul proprio futuro.
Infatti, alcuni studenti si iscrivono a percorsi di laurea in ambiti di cui non sanno nulla, lontani da quanto hanno studiato precedentemente.
Nulla di male, se non fosse che – in non pochi casi – la causalità della scelta nasconde la mancanza di una vera vocazione da coltivare.
Ciò comporta una certa dispersione di energie, perché nonostante la volontà di orientarsi all’interdisciplinarità, tali “salti” da un percorso all’altro rischiano di rendere la loro preparazione superficiale.
I giovani vanno accompagnati e guidati nel percorso di scoperta di sé stessi: rivelare il loro potenziale è la sfida dei docenti di tutte le discipline.
La questione privacy nel curriculum
In fase di compilazione del curriculum vitae c’è poi un’altra questione da considerare.
Si tratta dell’autorizzazione al trattamento dei dati, che spesso viene inserita nel CV tramite la dicitura “Autorizzo il trattamento dei miei dati personali ai sensi del D.lgs 196 del 30 giugno 2003 e dell’art. 13 del GDPR”.
Il D.lgs 101/2018, contenente disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale al GDPR, ha tuttavia stabilito che il consenso al trattamento dei dati personali presenti nel CV non è dovuto (art. 111 bis del Codice Privacy).
Inoltre, ha precisato che, in caso di ricezione di curricula spontaneamente trasmessi, l’informativa privacy deve essere fornita dal datore di lavoro al candidato nel momento del primo contatto utile successivo all’invio del CV.
Ciò significa che, qualora si invii un curriculum per una candidatura spontanea, non va inserita alcuna frase sull’autorizzazione al trattamento dei dati.
Infatti, il presupposto per un consenso validamente prestato è che sia stato preceduto da un’adeguata informativa, cosa impossibile nel caso di una candidatura spontanea.
Il progetto della Gran Bretagna a sostegno del futuro dei giovani
Qualche anno fa il governo britannico ha deciso di creare una serie di commissioni tecniche per supportare scuole superiori e università nell’inserimento di ragazzi e ragazze nel mondo del lavoro.
L’obiettivo? Insegnare agli studenti quali sono i requisiti richiesti dalle singole professioni, illustrare i dettagli dell’apprendistato, e fornire suggerimenti per la stesura del curriculum vitae.
A comporre i gruppi di orientamento sono stati dei professionisti di diversi settori, esperti nel proprio ruolo e, in generale, conoscitori delle dinamiche aziendali.
L’iniziativa ha permesso di realizzare un vero e proprio ponte tra realtà formative e mondo produttivo.
Un esperimento ben riuscito
Il governo della Gran Bretagna ha avviato questa iniziativa attraverso la creazione di un’agenzia nazionale per l’impresa e la carriera, incaricata di coordinare le varie commissioni e di programmare la loro attività.
Una scelta arrivata dopo alcune polemiche sollevate da istituzioni e cittadini privati, secondo i quali non esisteva un contatto concreto tra il mondo della scuola e quello del lavoro.
Eppure la Gran Bretagna, rispetto all’Italia, appare già molto avanzata in questa direzione, dal momento che alle superiori, nelle ore di educazione tecnica, si insegna ai ragazzi ad usare trapano e pialla, a cucire o a cucinare.
La commissione di orientamento istituita dal Ministero, comunque, non si è limitata a fare colloqui e consultazioni.
I componenti del gruppo, tutti professionisti, impegnati nel settore tecnico o negli affari, sono stati chiamati a spiegare ad alunne e alunni come scrivere un curriculum vitae concorrenziale, a programmare giornate di formazione con aziende del territorio, e a illustrare gli sbocchi possibili nei diversi settori.
Un cambio di rotta necessario, se si considerano i risultati di due indagini successive all’avvio dell’iniziativa.
La prima sottolinea che i giovani che hanno avuto contatti con il mondo del lavoro già durante il loro percorso di studi hanno poi ottenuto un impiego più soddisfacente.
La seconda, invece, rivela che il 60% delle aziende che sono state coinvolte nell’iniziativa e hanno avviato stage curriculari ed extracurriculari hanno espresso giudizi favorevoli nei confronti dei ragazzi e delle ragazze con cui hanno collaborato.
Dati incoraggianti che ci motivano e ci spingono a dare il nostro contributo per realizzare una scuola in cui ognuno possa trovare la propria dimensione e poi il proprio posto nel mondo.