Per educare i giovani a un corretto uso della tecnologia è necessario innanzitutto educare gli insegnanti.

In caso contrario, il concetto di “nativi digitali”, così abusato negli ultimi tempi, diventa fuorviante.

Infatti, essere nati in un momento storico in cui la tecnologia è ampiamente diffusa e “vive” nei loro spazi sin dai primi momenti di vita, non implica necessariamente per i ragazzi la capacità di saper fruire della stessa.

Una bambina di tre anni che gioca con il tablet dei suoi genitori non diventerà automaticamente una ragazza in grado di padroneggiare gli strumenti didattici digitali che la scuola le metterà a disposizione.

Probabilmente, se nessuno la informerà, non conoscerà il sistema della crittografia end-to-end di WhatsApp, non saprà a che cosa serve una privacy policy, né quali sono gli altri modi per proteggere la propria identità online.

Le competenze degli insegnanti

Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro dei docenti, all’art. 27, recita: “Il profilo professionale dei docenti è costituito da competenze disciplinari, informatiche, linguistiche, psicopedagogiche, metodologico-didattiche, organizzativo-relazionali, di orientamento e di ricerca, documentazione e valutazione tra loro correlate ed interagenti, che si sviluppano col maturare dell’esperienza didattica, l’attività di studio e di sistematizzazione della pratica didattica”.

Le competenze informatiche – o meglio le “competenze digitali” –  sono perciò ritenute indispensabili per lo svolgimento della professione di insegnante, proprio come tutte le altre.

Queste capacità devono svilupparsi nel tempo, e definirsi in base a obiettivi decisi dal Paese e dalla scuola di appartenenza.

Il modello TPACK

Le teorie e i modelli di riferimento per lo sviluppo delle competenze (non solo digitali) dei docenti sottolineano l’importanza della commistione come elemento essenziale per l’interiorizzazione delle singole discipline.

Lo psicologo Lee Shulman è stato tra i primi a capire quanto sia fondamentale formare i docenti su come combinare la conoscenza della propria disciplina di insegnamento con appropriate strategie pedagogiche.

A partire da tale consapevolezza, e a seguito di studi successivi, si è arrivati alla teorizzazione del noto modello TPACK (Technological, Pedagogical and Content Knowledge).

Tale modello spiega che un insegnante deve essere competente rispetto all’intersezione tra tre tipi di conoscenza: pedagogia, contenuti disciplinari e tecnologia.

È l’integrazione di questi ambiti diversi che supporta il docente nell’insegnare una materia con il supporto dei nuovi strumenti digitali.

L’insegnante deve essere quindi non tanto (e non solo) competente relativamente alla tecnologia in sé, alla pedagogia, e al contenuto specifico del suo ambito disciplinare, ma soprattutto in relazione alle intersezioni di tutti questi settori.

Per fare un esempio, deve conoscere quegli usi della tecnologia che supportano strategie pedagogiche adeguate alla sua materia d’insegnamento.

La conoscenza pedagogica delle discipline e dei contenuti – che non può prescindere dalla conoscenza del rapporto che le lega alla tecnologia – dovrebbe poi generare competenze psico-pedagogiche, disciplinari, relazionali e tecnologiche in grado di rendere il docente attivo e creativo designer dell’esperienza di apprendimento dei suoi allievi.

Il risultato che si ottiene è un professionista consapevole di come gli strumenti tecnologici trasformino le strategie pedagogiche e le rappresentazioni dei contenuti disciplinari, per promuovere negli alunni la costruzione della conoscenza.

Che cos’è DigCompEdu

A livello europeo, soprattutto alla luce degli ultimi anni scolastici vissuti durante la pandemia, è cresciuto l’interesse nel fornire anche ai docenti le competenze per utilizzare in modo efficace le tecnologie digitali nei processi di insegnamento e apprendimento.

DigCompEdu, abbreviazione di “Digital Competence of Educators”, è il documento usato al livello internazionale che descrive le competenze digitali di cui devono essere in possesso docenti e formatori.

Sviluppato nel 2017 (e poi aggiornato dal Centro Comune di Ricerca (JRC) della Commissione Europea su mandato della Direzione Generale per Istruzione, Gioventù, Sport e Cultura), il documento si basa sul lavoro svolto nel definire le competenze digitali del cittadino (DigComp) e le capacità digitali delle organizzazioni educative (DigCompOrg).

Il processo di sviluppo di questo modello ha coinvolto vari esperti e operatori del settore, allo scopo di arricchire e validare il lavoro iniziale prodotto della sintesi della letteratura scientifica e di esperienze esistenti.

Il documento integrale del DigCompEdu è stato tradotto poi in italiano dall’Istituto per le Tecnologie Didattiche del Centro Nazionale delle Ricerche.

Gli obiettivi del documento

Oltre a delineare i livelli di “competenza pedagogica digitale”, il documento si presenta come:

  • un modello concettuale, che consente ai diversi attori del sistema educativo e formativo di creare strumenti concreti e adatti a rispondere ai propri bisogni
  • uno strumento dotato di un linguaggio comune e coerente, per promuovere la discussione e lo scambio di buone pratiche
  • un punto di riferimento per gli Stati membri, per validare l’approccio e la completezza dei propri strumenti e i quadri di riferimento in questo settore

DigCompEdu fornisce gli elementi necessari per circoscrivere e dominare i timori che accompagnano l’introduzione dell’innovazione, mettendo ogni attore della scuola digitale (ricercatori, docenti, genitori, parti interessate, istituzioni) nelle condizioni di indirizzare il proprio contributo.

Un contributo necessario per il mondo “in fermento” della scuola digitale: i docenti stanno affrontando cambiamenti profondi, e a loro va riconosciuta la doppia responsabilità che assumono quando adottano gli strumenti digitali.

Da un lato, il cambiamento determinato da modalità di lavoro sempre più dinamiche e pervasive, dall’altro l’ampliamento della responsabilità educativa in un ambito ancora poco conosciuto, che promette grandi risultati, ma che nasconde anche delle insidie.

Il Piano Nazionale Scuola Digitale

A livello nazionale, invece, l’impegno del Governo per la formazione scolastica si concretizza attraverso l’attuazione del Piano Nazionale Scuola Digitale.

L’obiettivo è quello di rafforzare la preparazione del personale in materia di competenze digitali, raggiungendo tutti gli attori del mondo dell’istruzione.

Il Piano Nazionale per la Scuola Digitale (PNSD) è in vigore da ottobre 2015, è in continuo aggiornamento, e ha lo scopo di indirizzare le istituzioni scolastiche in un percorso evolutivo orientato all’innovazione e alla digitalizzazione.

Questo Piano è stato istituito dalla Legge 107/2015, detta Legge della Buona Scuola, di cui era anche il pilastro fondamentale.

Ha valenza pluriennale, e punta a generare connessioni e collaborazioni tra Ministero dell’Istruzione, altri ministeri, uffici governativi, regioni ed enti locali, per convogliare l’impegno di tutti.

L’importanza della cooperazione e dell’aggiornamento delle norme

Nonostante l’impegno delle istituzioni, sia al livello nazionale che internazionale, senza la collaborazione tra le parti e il coinvolgimento di tutta la società, l’obiettivo di trasformare il sistema scolastico e di renderlo digitale rischia di restare un miraggio.

Per questo è necessaria la creazione di gruppi multilaterali, che riuniscano le organizzazioni della società civile, le imprese e gli operatori tecnologici europei, i giornalisti, i media, il gruppo di esperti sull’alfabetizzazione mediatica e l’Osservatorio europeo dei media digitali, le Autorità nazionali (come il Garante della privacy), gli enti che si occupano del tema della sicurezza online, gli educatori, i genitori e i giovani.

Non solo, altro passo importante è aggiornare periodicamente il quadro europeo delle competenze digitali, al fine di includere l’intelligenza artificiale e le competenze connesse ai dati.

È quindi necessario sostenere lo sviluppo di risorse di apprendimento in materia di AI per le scuole, le organizzazioni e gli altri erogatori di formazione, nonché sensibilizzare in merito alle opportunità e alle sfide dell’intelligenza artificiale per l’istruzione e la formazione.

L’esempio del Garante della privacy

Nella sezione “Scuola“ del sito del Garante della privacy è possibile trovare una serie di contenuti che vengono periodicamente aggiornati.

Alcuni di questi sono dedicati proprio al tema della digitalizzazione in ambito scolastico, e dimostrano l’impegno dell’Autorità a sostegno di una didattica in trasformazione.

Inoltre, dall’inizio della pandemia, e cioè da quando il digitale ha sostituito la didattica tradizionale, il Garante ha avviato una serie di provvedimenti e iniziative per sostenere insegnanti e studenti.

L’esempio del Garante mostra quanto sia importante la cooperazione tra autorità di settori diversi, ma uniti dal medesimo scopo: costruire una società moderna, che nel suo percorso evolutivo non rinunci ai propri diritti e alle proprie libertà.